Andreas Vesalii (Vesalio, 1514-1564), il “padre della moderna anatomia umana”, ha mappato il corpo umano in un periodo in cui altri cartografi hanno mappato i cieli (Frisius) e la terra (Mercator, Ortelius). Il suo libro più famoso, “De Humani Corporis Fabrica“, fu pubblicato nello stesso anno della teoria iconoclasta di Copernico, “De Revolutionibus Orbium Coelestium” (1543).
Figlio del farmacista dell’imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V, Vesalio studiò medicina e anatomia a Parigi, dove si lamentò del fatto che l’insegnamento fosse limitato a sedute teoriche. Lo scoppio della guerra tra Enrico II di Francia e Carlo V costrinse Vesalio a lasciare Parigi nel 1536, prima di laurearsi. Ritornò a Lovanio per proseguire gli studi e conseguì la laurea in Medicina nel 1537. Infine si trasferì in Italia, per iscriversi alla Facoltà di Medicina dell’Università di Padova, dove conseguì il titolo di dottore in medicina con lode il 5 dicembre 1537. Insegnante entusiasta e popolare, Vesalius redasse rapporti delle sue dissezioni e pubblicò sei tavole anatomiche (Tabulae Anatomicae Sex) per aiutare i suoi studenti: tre raffiguravano i sistemi portale, cavale e arterioso, gli altri le rappresentazioni anteriore, laterale e posteriore di uno scheletro in piedi sul terreno in pose realistiche. È evidente come queste raffigurazioni fossero di ispirazione galenica: ad esempio, il fegato venne rappresentato con cinque lobi. Vesalio disponeva di una grande quantità di cadaveri grazie al buon rapporto di lavoro intrattenuto con Marcantonio Contarini, un giudice del tribunale penale che organizzava le esecuzioni in base alle esigenze dell’anatomista.
Mentre lavorava, Vesalius ha accumulato prove empiriche di “discrepanze” tra l’anatomia da lui osservata e quella galenica e presumibilmente era anche a conoscenza delle critiche rivolte da Berengario da Carpi all’anatomia di Galeno. Vesalio cominciò a esprimere i suoi dubbi in pubblico. Nel gennaio del 1540, fu invitato dagli studenti dell’Università di Bologna per eseguire una dissezione pubblica. Nella Chiesa di San Francesco, di fronte a un pubblico di circa 200 spettatori, sfidò apertamente le descrizioni anatomiche di Galeno.
Tra il 1539 e il 1543, Vesalio lavorò al libro per il quale viene ricordato: il “De Humani Corporis Fabrica Librorum Septem“, ovvero sette libri nei quali sfidava apertamente la convinzione che Galeno avesse descritto l’anatomia umana da cadavere. I disegni dettagliati all’interno della Fabrica superarono qualsiasi precedente rappresentazione del corpo umano sezionato. Le illustrazioni non erano più solo un supporto per l’apprendimento, ma avevano il compito di facilitarne la comprensione. Portò le sue incisioni su legno a Basilea, per essere stampate e pubblicate da Johannes Oporinus (Johann Herbst), uno dei più importanti stampatori del XVI secolo. Vesalio decise di pubblicare il libro a Basilea perché aveva superato Venezia come centro editoriale dell’Europa e forse anche perché temeva che i suoi avversari galenisti con sede a Padova avrebbero cercato di ritardare la pubblicazione in Italia. Le figure di Vesalio erano così innovative che furono plagiate da molti anatomisti in tutta Europa, fino al secolo successivo.
Gran parte della descrizione del cervello e delle sue funzioni è molto simile a quella contenuta nel “De Usu Partium” di Galeno. Vesalio accettò la pratica galenica della numerazione ordinale dei nervi cranici, elencandone sette coppie. Fu però in disaccordo sulla cosiddetta rete mirabile descritta da Galeno. Si tratta di una rete di piccoli vasi che si diramano dall’arteria carotide interna e che si trova alla base del cervello negli ungulati (mammiferi con gli zoccoli), ma non nell’uomo: fu descritta per la prima volta da Erofilo, il quale verosimilmente non aveva mai sezionato cadaveri (o almeno cervelli) umani. Galeno credeva che la rete mirabile fosse il luogo in cui gli spiriti vitali venivano convertiti in spiriti animali (pneuma psichico), una trasformazione necessaria per permettere il ragionamento e il movimento. Stando alle conoscenze attuali, Berengario fu il primo a negarne l’esistenza nell’uomo. Inizialmente, Vesalio mantenne la rete mirabile nelle “Tabulae Anatomicae Sex“, ma la rimosse dai disegni del sistema arterioso nella successiva Fabrica. Come i suoi predecessori, anche Vesalio eseguiva vivisezioni, in quanto necessarie per apprendere la funzione di ciascuna parte del corpo. La maggior parte dei suoi esperimenti sugli animali si è concentrata sulla natura delle arterie. Sebbe e ci volle del tempo affinché il pensiero sull’anatomia umana si aggiornasse dopo la pubblicazione della Fabrica, l’autorità di Galeno scemò nel corso dei successivi cento anni, lasciando il campo all’era del moderno “scienziato-anatomista”.
Nel corso del XVII secolo vanno ricordati quattro importanti anatomisti. Thomas Willis (1621-1675), è considerato il fondatore della moderna neuroscienza clinica e della neuroanatomia comparata. Chimico e clinico, Willis fu nominato professore di filosofia naturale all’Università di Oxford nel 1660, dove rivoluzionò completamente la materia: invece di tenere un corso tradizionale basato sulla filosofia naturale di Aristotele, spinse per un’esplorazione dettagliata del cervello, in quanto era convinto che così avrebbe rivelato la posizione dell’anima umana razionale. Così il suo primo libro, “Cerebri Anatome“, gettò le basi per i suoi successivi libri di neuropatologia e sulla fisiologia. “Cerebri Anatome“, pubblicato nel 1664, è considerato il primo grande testo neuroanatomico: infatti ha influenzato la concezione del cervello nei successivi 200 anni. Il libro contiene molti nuovi termini neuroanatomici, tra cui commessure anteriori, peduncoli cerebellari, corpo striato e la parola “neurologia”. Come altri prima di lui, Willis scelse nomi che non avevano alcuna connessione con alcuna funzione putativa (poiché nessuna era ancora nota) ma si riferivano ad alcune caratteristiche come colore, forma o posizione. Willis divise il cervello in tre regioni funzionali, cerebri (corteccia cerebrale), cerebel (cervelletto) e corpus striatum, mentre in precedenza il cervello era suddiviso solamente in cerebri e cerebel. Declassò la funzione dei ventricoli cerebrali, considerandoli come “semplici pozzi” atti alla raccolta di detriti, proponendo invece che le regioni grigie del cerebri fossero la sede di funzioni cognitive umane superiori e che il corpus callosum permetteva agli spiriti animali di viaggiare tra i due lati del cervello. Willis riclassificò e rinumerò i nervi cranici in nove coppie (Galeno e Vesalio ne avevano identificate solo sette). I primi sei erano numerati come li conosciamo oggi; i nervi uditivi e facciali erano combinati come settimo nervo; il glossofaringeo, il vago e i nervi accessori erano raggruppati insieme come ottavo nervo e l’ipoglosso divenne il nono nervo cranico. Willis è ricordato principalmente per l’omonimo circolo arterioso, ma non ha mai rivendicato questo onore per se stesso e il suo nome è stato associato al circolo solo un secolo dopo da Albrecht von Haller. Altri anatomisti che lo hanno preceduto l’avevano ignorato, forse perché non erano in grado di differenziare le arterie dalle vene. Il poligono di Willis è un sistema di vasi sanguigni comunicanti sito alla base della scatola cranica. Willis era interessato alla vascolarizzazione del cervello e a tal fine ha sviluppato protocolli di iniezione sperimentale con i suoi colleghi. Ad esempio scoprì che dopo aver iniettato un liquido a base di inchiostro in una delle arterie carotidi, tutti i vasi sanguigni del cervello e del cervelletto si riempivano dello stesso colore.
Raymond de Vieussens (1635-1715), un anatomista e medico francese, scrisse la “Neurographia Universalis, Hoc est, omnium corporis humani nervorum, simul et cerebri, medullaeque spinalis descriptio anatomica” (1684), considerata una delle descrizioni più complete, accurate e ben illustrate del sistema nervoso del XVII secolo. Sulla base delle sue dissezioni, de Vieussens scoprì la relazione tra il nervo ottico e il nucleo genicolato laterale del talamo dorsale (ovvero la parte del cervello responsabile della rielaborazione delle informazioni provenienti dalla retina dell’occhio), e fornì le prime descrizioni dei nuclei dentati, delle piramidi e dei corpi olivari (tutte componenti del cervelletto). Vieussens non limitò le sue ricerche al sistema nervoso: infatti pubblicò anche “Nouvelles Découvertes sur le Coeur“, nel quale presentò l’anatomia dettagliata dei vasi linfatici e sanguigni del cuore.
Humphrey Ridley (1653-1708) contribuì allo studio sull’anatomia venosa della base del cranio. Ridley ha lavorato su corpi appena tolti dalla forca, in modo che le vene della base del cranio fossero ancora ingorgate. Iniettava nei vasi una cera riscaldata o argento vivo: entrambe le sostanze solidificavano con il raffreddamento, enfatizzando l’anatomia vascolare e facilitando la dissezione. Ora sappiamo che anche Leonardo da Vinci aveva usato una tecnica simile per esaminare l’anatomia tridimensionale dei ventricoli cerebrali, ma il suo lavoro non era ancora noto all’epoca di Ridley. Con questa tecnica, Ridley fece una serie di scoperte originali, come i seni venosi intercavernosi e le vene drenanti del corpo striato. Descrisse anche le cisterne subaracnoidi (ora chiamate cisterne cerebellomedullari, quadrigeminali ed olfattive), che sono correntemente sfruttate come corridoi per la dissezione atraumatica durante le operazioni di chirurgia cerebrale.
William Harvey (1578–1657) si laureò al Gonville and Caius College di Cambridge, quindi si recò a Padova per studiare medicina. Nel 1628, dopo molte discussioni, pubblicò il suo lavoro fondamentale sulla circolazione del sangue: “Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus”. Harvey fece riferimento a svariati studi precedenti, tra i quali: quelli di Ibn Nafis (intorno alla metà del XIII secolo) e Servetus (nel 1553), i quali avevano entrambi suggerito che il sangue scorreva dal lato destro del cuore a quello sinistro attraverso i polmoni anziché attraverso i pori della parete interventricolare (come aveva erroneamente suggerito Galeno); il “De Re Anatomica, Libri XV” (1559), di Realdo Colombo, nel quale l’anatomista padovano e assistente di Vesalio, aveva descritto il ciclo polmonare e le fasi di contrazione e rilassamento del cuore e mostrato che le vene polmonari contenevano sangue e non aria; il lavoro di Andrea Cesalpino, che nel 1571 descrisse l’ansa polmonare e dimostrò sperimentalmente negli animali che un’arteria pompava dal lato cardiaco, implicando un flusso sanguigno verso la periferia, mentre una vena si gonfiava sul lato periferico, implicando un flusso verso il cuore. Harvey incorporò nella sua teoria tutti questi risultati, insieme a quelli dei suoi esperimenti sugli animali. Propose che la circolazione del sangue avvenga in una direzione in tutto il corpo, guidata dall’azione di pompaggio meccanico del cuore, e che l’impulso arterioso sia l’onda d’urto del cuore pulsante e non la pulsatilità intrinseca delle pareti arteriose come precedentemente creduto. La teoria di Harvey ha sostituito il sistema aperto di Galeno secondo cui il sangue fluiva e rifluiva. Assunse, ma senza poterlo dimostrare, una connessione fisica tra arterie e vene. Quest’ultimo tassello venne fornito da Marcello Malpighi nel 1661, quando presentò la circolazione capillare nel “De Pulmonibus“.