In questo articolo parliamo di test per il nuovo coronavirus.
Come funziona il test?
La diagnosi di Covid-19 inizia con un tampone prelevato dal naso o dalla gola del paziente, nel quale viene ricercata la presenza del virus. La tecnica impiegata per il rilevamento è un cavallo di battaglia della biologia e si chiama reazione a catena della polimerasi inversa (RT-PCR). Come ho spiegato qui, il genoma virale è costituito da RNA, che è una variante del classico materiale genetico, il DNA. Lavorare con l’RNA è complicato e rischioso, perché si degrada facilmente. Per questo motivo, è prima necessario generarne una copia in DNA (ben più resistente), mediante retrotrascrizione (RT). Questo processo può essere inteso come la traduzione di un brano in un’altra lingua. Il passaggio successivo è l’amplificazione del genoma virale mediante PCR. Questo step è necessario in quanto la traccia del virus è nascosta dal materiale genetico umano prelevato con il tampone. Immaginate questo: siete in alta montagna ed avete una visuale spettacolare della Via Lattea. Se non conoscete le costellazioni, individuare una stella in particolare è un’impresa pressoché impossibile. Tuttavia, se la stella in questione brillasse con un’intensità superiore alle altre di milioni di volte, sarebbe un gioco da ragazzi. La PCR si basa su cicli consecutivi, al termine di ciascuno dei quali l’intensità del genoma virale raddoppia, fino a renderlo facilmente rilevabile. Se nel tampone fosse presente il genoma di un solo virus (la quantità minima in caso di infezione), dopo 40 cicli di PCR ne otterremmo quasi 550 miliardi di copie. Il rischio maggiore del test sta nella facilità con la quale si ottengono risultati falsi positivi: essendo la PCR una tecnica molto sensibile, è sufficiente una minima contaminazione per ottenere un segnale anche dove non dovrebbe esserci.
L’importanza dei test
I Paesi che hanno testato un elevato numero di persone, o che hanno iniziato ad effettuare test prima che l’epidemia scoppiasse al loro interno, sono stati in grado di limitare i danni. Basti pensare alla Corea del Sud, che al 20 marzo aveva già testato più di 300000 persone. La strategia vincente è stata di ricercare gli individui infetti, ma asintomatici, che si è tradotto in una limitata diffusione della malattia. Singapore ha invece imparato la lezione dell’epidemia di SARS del 2003 e ha messo a punto i test quando la Covid-19 era limitata alla Cina. Altri Paesi meno accorti, come gli Stati Uniti, stanno invece pagando dazio per non essere stati sufficientemente rapidi nel mettere a punto un sistema di diagnostica capillare.
Test sierologico
Il test sul tampone buccale ha il vantaggio di essere rapido da prelevare ed eseguire (in poche ore si può avere il risultato). Tuttavia, uno svantaggio è rappresentato dal fatto che non può individuare persone contagiate e poi guarite prima di eseguirlo. Per questo è stato messo a punto anche un test sierologico, che misura la presenza nel sangue di anticorpi contro il virus. Con questo test si possono diagnosticare sia le persone che stanno combattendo la Covid-19, sia quelle che ne sono guarite in precedenza. Questa informazione è rilevante da un punto di vista epidemiologico, per conoscere meglio la diffusione della malattia, e quindi cercare di limitarla.
Cosa aspettarsi dal futuro
Sono al momento in fase di sviluppo nuove tecnologie per testare le infezioni da SARS-CoV-2, e l’obiettivo è quello di mettere a punto test più rapidi e processivi. Alla University of Washington School of Medicine, il gruppo del virologo Keith Jerome ha sviluppato un test chiamato SHERLOCK, che può fornire una risposta affidabile nel giro di un’ora. Un’altra strategia proviene dalla Mammoth Biosciences (con sede in California), si chiama DETECTR e impiega mezzora per fornire il risultato. Entrambe le tecniche sfruttano una minima amplificazione del genoma virale (riducendo il rischio di falsi positivi), combinata con l’attività di enzimi in grado di riconoscere e tagliare specifiche sequenze di DNA (in questo caso, l’RNA virale tradotto in DNA). In presenza del virus nel tampone, l’attività dell’enzima viene rilevata, fornendo un risultato positivo. Va comunque osservato che la quantità iniziale necessaria del genoma virale è maggiore rispetto a quella richiesta dalla RT-PCR, specialmente per DETECTR, ma dal momento che la rapidità della risposta è la questione cruciale, entrambe le tecniche potranno rivelarsi estremamente utili.
Fonti
https://www.broadinstitute.org/files/publications/special/COVID-19%20detection%20(updated).pdf