Le lesioni al midollo spinale hanno un impatto immediato e devastante sul controllo del movimento e su svariate funzioni fisiologiche. Secondo i numeri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno si verificano nel mondo tra i 250.000 e i 500.000 nuovi casi. Negli ultimi decenni, il progresso medico e scientifico ha permesso di comprendere meglio queste lesioni. Le procedure chirurgiche, le misure di supporto e le tecniche di riabilitazione sono progredite, anche se nessuno studio clinico è stato in grado di dimostrare l’efficacia di una terapia per guarire da una lesione spinale. Poiché il sistema nervoso centrale (SNC, che comprende cervello e midollo spinale) ha una limitata capacità di rigenerarsi dopo una lesione, nella maggior parte dei casi i danni sono irreversibili e la metà dei pazienti rimane paralizzata in maniera permanente. Prima di conoscere i vari approcci, biologici e tecnologici, impiegati nel trattamento delle lesioni spinali, vediamo qualche nozione di base per introdurre l’argomento.
I neuroni e il midollo spinale
I neuroni sono le cellule del sistema nervoso e hanno una struttura particolare. Sono costituiti da un corpo nel quale si trova il nucleo e dove avvengono tutte le funzioni principali. Da esso si diramano molteplici piccole protrusioni chiamate dendriti che funzionano come antenne sensoriali e un lungo filamento chiamato assone che invece trasmette le informazioni (sotto forma di impulsi elettrici) ad altre cellule del corpo (muscoli, altri neuroni). Un punto di contatto tra due neuroni viene definito sinapsi. I neuroni si trovano nel cervello e nel midollo spinale. In particolare, quest’ultimo contiene solo i corpi dei neuroni, mentre gli assoni si diramano in tutto l’organismo. Fasci di assoni costituiscono i nervi. Essi possono trasportare informazioni in tre modi diversi: dal SNC alla periferia (nervi efferenti, che innervano i muscoli), dalla periferia al SNC (nervi afferenti, con funzione sensitiva) e a doppia direzione (nervi misti) se trasportano informazioni sia dal SNC alla periferia che viceversa. A seconda delle informazioni trasmesse, nel midollo spinale si distinguono i motoneuroni, che hanno il compito di innervare i muscoli, i neuroni sensitivi che portano informazioni al SNC dalla periferia e gli interneuroni che non hanno funzione né sensitiva né motoria, ma di comunicazione tra i neuroni in una determinata area. Il midollo spinale agisce come un’intelligente interfaccia di elaborazione delle informazioni, in grado di tradurre sia informazioni sensoriali provenienti dal corpo che input dal cervello in risposte muscolari che soddisfano le varie necessità. La comunicazione avviene infatti sia per via discendente (informazioni provenienti dal cervello e dirette ai muscoli attraverso i motoneuroni) che per via ascendente (informazioni sensitive dirette dalla periferia al cervello attraverso i neuroni sensitivi).
Il midollo spinale ha una forma cilindrica, e si trova all’interno di un canale della colonna vertebrale. A seconda della posizione, è suddivisibile in quattro regioni: cervicale, toracica, lombare e sacrale. Dal midollo spinale nascono 31 paia di nervi (nervi spinali) di carattere misto. A seconda della posizione, i nervi spinali raggiungono diverse parti del corpo: quelli cervicali innervano il collo, le spalle e gli arti superiori, quelli toracici i muscoli intercostali e addominali, quelli lombari e sacrali i muscoli delle gambe.
Diversi tipi di lesione
Per molto tempo si è creduto che il recupero da un danno al midollo spinale richiedesse la ricostruzione precisa della connettività neurale presente prima del danno. Tuttavia, decenni di ricerche hanno dimostrato che non è così. Nel cervello, la perdita della funzionalità di alcune sinapsi porta alla formazione spontanea di nuove sinapsi derivate da altre connessioni ancora funzionanti. Questa spontanea plasticità strutturale e funzionale (che è ben diversa dalla rigenerazione, in quanto solo un meccanismo di adattamento) consente al cervello di reindirizzare le informazioni neurali attraverso circuiti alternativi per riacquistare le funzioni perse a causa del danno. Come vedremo, una simile riorganizzazione avviene spontaneamente dopo una lesione spinale incompleta.
Le lesioni al midollo spinale sono caratterizzate da due fasi: primaria e secondaria. La lesione primaria è immediata e deriva dal trauma fisico diretto, mentre quella secondaria riguarda le conseguenze fisiologiche e biochimiche del trauma e si sviluppa per diverse settimane o mesi dopo la lesione. In particolare, il danno causa l’interruzione locale della vascolarizzazione, la quale a sua volta provoca un’emorragia acuta e l’ischemia del midollo spinale. La rottura dei vasi sanguigni provoca anche il rilascio di citochine, peptidi vasoattivi e l’accumulo di cellule infiammatorie che aggravano lo stato pro-infiammatorio. L’interruzione delle connessioni neurali porta invece a un’eccessiva concentrazione di glutammato extracellulare, che è tossica per le cellule e ne determina la morte. Un intervento immediato è cruciale per favorire il recupero dalla lesione e un trasferimento in un centro specializzato per le lesioni midollari entro le 24 ore dall’incidente è associato ad un recupero più efficiente.
In seguito ad una lesione spinale, si interrompe o si riduce la comunicazione tra i neuroni “sotto” la lesione e il cervello e, a seconda della gravità, la lesione può essere completa o incompleta. Nel primo caso la comunicazione è completamente interrotta, nel secondo solo parzialmente e la paralisi sarà tanto grave quanto ridotta è la comunicazione residua.
In seguito ad una lesione spinale completa, viene persa ogni funzione motoria e sensoriale al di sotto del danno. Una lesione incompleta risparmia invece ponti tissutali contenenti una varietà di vie nervose ascendenti e/o discendenti, a seconda della posizione della lesione.
Anche la posizione della lesione ha un ruolo nel determinare le conseguenze: lesioni vicine al livello lombare o sacrale del midollo provocano un deficit nel controllo delle gambe, del sistema genito-urinario e dello sfintere anale; quelle a livello toracico riguardano anche i muscoli del tronco; quelle cervicali provocano invece tetraplegia (paralisi di tutti gli arti).
La riparazione delle lesioni complete richiede il ripristino della connettività neurale, che richiede trattamenti invasivi. Al contrario, le lesioni incomplete risparmiano sufficiente tessuto neurale per supportare la comunicazione attraverso la lesione. Queste sono spesso associate a un recupero parziale della motilità, ottenuto anche con mezzi non invasivi.
Come vedremo, esistono diversi meccanismi di crescita assonale che possono essere attivati (spontaneamente o dopo induzione) in risposta ad una lesione incompleta, che possono essere sfruttati in terapia.
Approccio biologico
In caso di lesione incompleta, una strategia terapeutica consiste nell’indurre una riorganizzazione dei neuroni residui. Per ottenere ciò, viene stimolata la plasticità sinaptica. Questo può essere ottenuto con la somministrazione di agonisti della serotonina, della noradrenalina o della dopamina. A conferma di ciò, vi sono esperimenti condotti sui ratti nei quali gli animali sono stati sottoposti ad ipossia intermittente (una transitoria riduzione dei livelli di ossigeno). La mancanza di ossigeno attiva i neuroni del mesencefalo (una regione del cervello), che costituiscono la fonte primaria di serotonina. Uno studio clinico ha suggerito che la combinazione di riabilitazione e ipossia intermittente (che determina una maggiore presenza di serotonina nel midollo spinale) possa migliorare la deambulazione nei pazienti con lesione spinale incompleta, rispetto alla sola riabilitazione fisica. Tuttavia, la conferma di questi risultati richiede uno studio clinico di fase 3 che coinvolga un elevato numero di pazienti, non ancora eseguito.
Invece, in caso di lesione completa, la comunicazione attraverso di essa non può avvenire spontaneamente, ma deve essere indotta artificialmente. Ciò può essere ottenuto stimolando la ricrescita assonale dei neuroni vicini alla lesione, per esempio mediante la somministrazione di fattori di crescita e la ricostituzione di un microambiente ospitale. Un altro approccio consiste nel trapianto di cellule staminali, che possono differenziarsi sia in neuroni che in cellule di supporto del microambiente danneggiato. Sebbene le premesse fossero incoraggianti, è stato osservato che con il trapianto di cellule staminali non si riescono ad ottenere gli effetti desiderati a lungo termine. Infatti, sebbene questa terapia abbia acquisito un’importanza clinica significativa, a causa delle condizioni non favorevoli nel sito della lesione, le cellule trapiantate non sopravvivono per un lungo periodo.
Alcune evidenze suggeriscono che la combinazione di più strategie terapeutiche favorisca la ricrescita degli assoni attraverso la lesione. Inoltre, l’utilizzo dei biomateriali migliora la sopravvivenza delle cellule trapiantate. Gli idrogel polipeptidici iniettabili e riassorbibili possono fornire depositi temporanei per il rilascio prolungato di fattori di crescita, con benefici significativi per la ricrescita assonale. Le reti di idrogel e collagene possono essere progettate per fornire strutture orientate che facilitano l’allineamento delle cellule innestate e quindi dirigono la corretta ricrescita dell’assone. Un recentissimo approccio (del 2019) sfrutta la stampa in microscala a proiezione continua (μCPP) al fine di ricreare strutture del sistema nervoso centrale, funzionali per svariate applicazioni di medicina rigenerativa nel midollo spinale. La stampa tridimensionale di queste strutture rende l’applicazione disponibile per qualsiasi paziente e qualsiasi tipo di lesione.
Approccio tecnologico
Come le strategie biologiche, anche quelle tecnologiche hanno l’obiettivo di ripristinare la comunicazione tra i neuroni sopra e sotto la lesione, oppure di bypassarla sfruttando la plasticità intrinseca delle cellule risparmiate. Le nuove tecnologie includono esoscheletri per gli arti inferiori e superiori (dispositivi che si allineano con il movimento delle articolazioni, supportandole), sistemi di supporto del peso corporeo, stimolazione elettrica funzionale dei muscoli e terapie di neuromodulazione del midollo spinale. Queste strategie sono implementate con trattamenti farmacologici antinfiammatori e neuroprotettivi, volti a limitare il processo infiammatorio causato dalla lesione e a prevenire il deterioramento dei neuroni sopravvissuti.
Per quanto riguarda le tecnologie volte a ripristinare la comunicazione tra i neuroni residui (quindi parliamo di lesioni incomplete), vale la pena di menzionare la stimolazione transcranica con corrente diretta (transcranial direct current stimulation, tDCS) e la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (repetitive transcranial magnetic stimulation, rTMS). La prima permette, attraverso una corrente continua a bassa intensità trasmessa da elettrodi posizionati direttamente sullo scalpo, una stimolazione non invasiva e non percepibile dal paziente in grado di determinare variazioni prolungate dell’eccitabilità cerebrale. La seconda consiste nello stimolare i neuroni attraverso la creazione di un campo magnetico a livello cerebrale per un breve periodo di tempo, e viene utilizzata anche per curare la depressione e il disturbo da deficit dell’attenzione (ADHD).
In caso di lesione completa, si può provare a bypassare la lesione. Ad esempio, le interfacce neurali (brain machine interface, BMI) richiedono l’associazione di dispositivi di assistenza (esoscheletri) con un dispositivo di registrazione del segnale cerebrale. Il dispositivo di registrazione può essere impiantato chirurgicamente nel cranio del paziente o posizionato in modo non invasivo sul cuoio capelluto. I segnali cerebrali registrati vengono decodificati e trasformati in un’istruzione diretta al dispositivo di assistenza, che a sua volta controlla l’esoscheletro, permettendo il movimento. In questo modo, il cervello è in grado di comunicare con il dispositivo robotico, bypassando la lesione.
Un’altra strategia promettente (attualmente la più avanzata) è la stimolazione elettrica epidurale del midollo spinale, valida sia per lesioni complete che incomplete site nella regione lombare. Il dispositivo consiste di un elettrostimolatore e di una piastra con 16 elettrodi che viene impiantata chirurgicamente sulla struttura posteriore del midollo, in corrispondenza della lesione. Lo stimolo elettrico permette di amplificare e trasmettere il segnale in arrivo dal cervello ai neuroni sotto la lesione, rendendo nuovamente possibile il movimento degli arti. La stimolazione dei motoneuroni avviene solo nel momento in cui è previsto il movimento. Questa stimolazione spazio-temporale è l’innovazione chiave di questa terapia, in quanto migliora sensibilmente i risultati ottenuti rispetto alla stimolazione continua. In particolare, quest’ultima sortisce effetti sull’attività muscolare, ma non permette la locomozione, che invece la stimolazione spazio-temporale garantisce. Addirittura dopo una settimana, la stimolazione spazio-temporale è in grado di ristabilire il controllo adattativo dei muscoli paralizzati durante la camminata. Dopo alcuni mesi di riabilitazione, i pazienti curati con questa tecnica hanno riguadagnato il controllo volontario sui muscoli paralizzati e sono in grado di camminare o pedalare in contesti facilitati, grazie alla stimolazione. Il contesto facilitato, durante la riabilitazione, può essere ottenuto mediante l’allenamento con tapis roulant supportato dal peso corporeo (body weight supported treadmill training, BWSTT). Un paziente che utilizza questa tecnologia è supportato da un’imbracatura sospesa a una struttura metallica o al soffitto. In questo modo viene ridotto il peso che grava sui piedi mentre si cammina sul tapis roulant. La quantità di supporto può essere gradualmente aumentata o ridotta in base alle esigenze. Le evidenze indicano svariati benefici, tra i quali il rafforzamento dei muscoli compromessi, il miglioramento della velocità e dell’efficienza della deambulazione e il trattamento di condizioni mediche secondarie come spasticità, dolore, cambiamenti nel sistema cardiovascolare e metabolismo e qualità della vita in generale.
Fonti
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6095795/
https://www.nature.com/articles/s41591-019-0475-6
https://www.nature.com/articles/s41586-018-0649-2