Eccoci al terzo appuntamento di crossover tra scienza e altre discipline. Dopo arte e musica, in questo articolo vediamo come si relaziona allo sport. Il rapporto tra scienza e sport si potrebbe riassumere come l’applicazione della prima per avere successo nella seconda. Grazie alle varie discipline scientifiche, è infatti possibile allenare corpo e mente per raggiungere i massimi livelli sportivi.
Come affronterò l’argomento? Vista la sua vastità, ho ignorato le informazioni ovvie, per concentrarmi su quelle meno note e sulle curiosità. Vi ho portato esempi specifici di campioni che hanno raggiunto il successo sfruttando più di altri alcune discipline scientifiche, oppure ho descritto in generale il vantaggio offerto dalla scienza in un determinato sport .
Psicologia e vittorie: Phil Jackson e Michael Jordan
Phil Jackson è un ex allenatore di pallacanestro. Noto anche come “coach zen”, ha vinto da allenatore 11 titoli NBA, 6 con il Chicago Bulls e 5 con i Los Angeles Lakers, allenando campioni del calibro di Michael Jordan, Scottie Pippen, Kobe Bryant e Shaquille O’Neill. Cosa si cela dietro al suo successo? E come è riuscito a gestire un concentrato di talento così esplosivo? Con la psicologia, come suggerisce il soprannome. Spesso, gli allenatori, quando hanno a che fare con un gruppo di maschi alpha, cercano di imporre la loro autorità comportandosi in maniera aggressiva, generalmente senza successo. Coach Jackson è invece riuscito a mantenere la leadership delle sue squadre grazie ad una filosofia basata su meditazione, consapevolezza e idee buddiste. Ha affrontato l’atteggiamento da maschio alpha diffuso nel mondo occidentale con la ricerca spirituale tipica delle filosofie orientali: i membri del team sono incoraggiati a crescere, persuasi a trovare da soli le risposte ai loro problemi, con l’obiettivo di portare armonia e unità nel gruppo e subordinando l’Io alla squadra. Ecco un esempio. Ai tempi dei Lakers, Jackson consegnò a Shaquille O’Neill – ritenuto troppo materialista – una copia di Siddartha, di Herman Hesse, e gli chiese di leggerlo e scriverne una recensione. Shaq non cambiò il suo stile di vita, ma diventò comunque più generoso verso i compagni e più empatico in generale. Con questo atteggiamento, l’allenatore riusciva sempre a tenere la squadra libera da pensieri e frivolezze, così che si potesse concentrare esclusivamente sulla partita, e vincerla.
Michael Jordan, campione di basket con i Chicago Bulls, è lo sportivo più apprezzato di sempre. Al di là delle arcinote vittorie (peraltro sotto la guida di Phil Jackson), quello che rende Jordan una sorta di divinità è la mentalità vincente. Siamo alla finale NBA del 1997 tra Chicago Bulls e Utah Jazz, la sfida decisiva dopo che le prime quattro gare avevano visto due vittorie a testa. Jordan aveva già giocato febbricitante durante gara 4. Anche all’ultima partita si era presentato malato, disidratato ed esausto. Nonostante ciò, segnò 38 punti (inclusi quelli decisivi nel finale), portando Chicago alla vittoria del titolo e dimostrando la differenza tra una persona normale, che sarebbe verosimilmente rimasta in albergo, e un campione come lui. Jordan ha costruito la sua carriera sulla forza mentale, annichilendo giocatori e allenatori avversari che avevano osato provocarlo per accendere la sfida, raccogliendo ogni pretesto per trovare più motivazione.
Moto parabolico: Steph Curry nel basket, i salti e i lanci in atletica
Quando un cestista tira la palla verso il canestro, questa assume un percorso parabolico. Per aumentare la probabilità di segnare, bisogna alzare l’apice della parabola ben sopra il canestro (che si trova a 3,05 metri), aumentando l’angolo di tiro e imprimendo una forza maggiore. Steph Curry è uno dei migliori tiratori di sempre della NBA (se non il migliore) e sfrutta proprio questo principio: con l’allenamento è riuscito ad alzare l’apice del suo tiro a 5,46 m, che è 65 cm più alto della media dei suoi colleghi, segnando con percentuali realizzative irreali. Allora perché gli altri giocatori non fanno lo stesso? Siccome alzare la parabola rende più difficile il controllo del tiro, la maggior parte dei cestisti (che non ha la sua capacità di controllo) preferisce mantenere più basso l’apice e sfruttare la minore velocità della palla quando si avvicina al canestro, per aumentare le proprie chances.
Mentre il moto parabolico nel basket deve essere preciso per centrare il canestro, in atletica i moti parabolici servono per raggiungere il punto più lontano possibile, sia che si lanci un oggetto (peso, martello, disco e giavellotto), sia che si gareggi nel salto in lungo, in alto o nella corsa a ostacoli. Chiaramente alcune di queste discipline sono influenzate anche da altri fattori: nel lancio del disco e del giavellotto i fattori aerodinamici sono cruciali (infatti viene impressa anche una rotazione all’oggetto, per mantenerne la stabilità e la traiettoria), mentre nella corsa a ostacoli il moto parabolico dei salti deve essere ottimizzato al ritmo di corsa. Lo stacco degli oggetti lanciati dovrebbe essere orientato a 45°, per raggiungere la distanza massima possibile. Nel salto in lungo è impossibile staccare alla massima velocità con tale angolatura, perché la muscolatura della gamba e della caviglia non sono in grado di abbinare i due valori. Solitamente nei saltatori l’angolatura di stacco è compresa tra i 19° e i 27°. I saltatori veloci staccano con angoli minori (per Carl Lewis alcune fonti parlano anche di 18,5°); chi è meno veloce stacca con angoli maggiori. I dati suggeriscono sia meglio arrivare allo stacco con una velocità maggiore e chiudere l’angolo, piuttosto che rallentare ed alzare la parabola. La seconda strategia è invece la prescelta nel salto in alto.
Rimbalzi ed energia cinetica: Dennis Rodman
Abbiamo visto nel paragrafo precedente come la palla deve essere tirata durante una partita di basket. Vediamo ora cosa succede se il tiro non va a bersaglio. Quando la palla raggiunge l’apice del percorso parabolico, ha una determinata energia potenziale (determinata dalla forza di gravità), che aumenta con l’altezza. Durante la caduta, l’energia potenziale è convertita in energia cinetica, che si sprigiona quando la palla colpisce il bordo del canestro, facendola rimbalzare via (se il canestro viene segnato, l’energia viene dissipata dall’attrito con la retina). Quando la palla viene tirata, la si fa ruotare all’indietro (backspin). Questo eviterà che, in caso di errore, rimbalzi troppo lontano dal canestro, poiché l’attrito generato dalla rotazione al contatto con il ferro riduce la velocità angolare del conseguente rimbalzo (questo argomento sarà approfondito più avanti).
Dennis Rodman è conosciuto sia per essere stato uno dei cestisti più forti a difendere, sia per le stravaganze fuori dal campo: tra flirt e notti brave, Rodman ha fatto la fortuna delle riviste di gossip. A prima vista si potrebbe pensare al solito talento con poca applicazione, ma in realtà è stato un vero genio della pallacanestro, perché è stata una perfetta (anche se inconsapevole) applicazione della fisica al basket, a renderlo un fenomeno. Durante gli allenamenti, mentre i suoi compagni si esercitavano nelle sessioni di tiro, Rodman stava più indietro ad osservarli. Quello che faceva era studiare le parabole dei tiri e le velocità di rotazione della palla. Così, in partita, lui sapeva che se un suo compagno tirava da una posizione X, sarebbe dovuto correre nella posizione Y per catturare un eventuale rimbalzo. Risultato? Ha vinto la classifica dei rimbalzisti in NBA per 7 anni consecutivi.
Vibrazioni: lo “sweet spot” nel tennis
Se qualcuno ha mai preso in mano una racchetta, si sarà reso conto che la pallina viene colpita in maniera diversa a seconda dell’area della racchetta coinvolta.
Nella teoria delle vibrazioni meccaniche, i nodi delle vibrazioni sono definiti come i punti che non si muovono mai quando un’onda li attraversa. A causa di un’onda creata dall’impatto di una palla che colpisce una racchetta, la racchetta, a sua volta, inizierà a vibrare. “Lo sweet spot” viene descritto come l’area in grado di restituire il colpo in maniera omogenea, senza subire alterazioni dalle dinamiche del telaio e si trova generalmente sulle corde vicino alla testa del telaio. Un tennista che colpisce la palla in questo punto non avvertirà quasi nessuna vibrazione durante l’impatto. Maggiore è la superficie dello sweet spot, maggiore sarà la probabilità di colpire la pallina in maniera ottimale. Questo elemento è influenzato dall’ampiezza della racchetta e dalla spaziatura delle corde, ed è un fattore così importante da convincere anche un campione come Roger Federer a cambiare la racchetta, passando da una con un telaio di 90 pollici a una con un telaio di 98.
Effetto Magnus: un “trucco” utile a calcio, tennis, ping pong, baseball e golf
L’effetto Magnus, così chiamato perché scoperto da Heinrich Gustav Magnus, è il principio per il quale un corpo in rotazione in un fluido o nell’aria cambia la propria traiettoria. Fu scoperto nel 1852, quando il fisico tedesco stava studiando il motivo per il quale alcuni proiettili di artiglieria che ruotavano in aria talvolta deviavano dalla traiettoria originale.
Questo effetto interessa tutti gli sport nei quali una palla viene colpita con forza. Vediamo due colpi tipici di tennis, ping pong, golf e baseball: il topspin e il backspin. Il primo consiste nel colpire la palla dal basso verso l’alto, imprimendole una rotazione dall’alto verso il basso nella direzione del colpo. Per l’effetto Magnus, ci sarà una differenza di pressione tra la parte alta della palla e quella bassa, che spingerà la pallina verso il suolo. Björn Borg fu il primo a farne largo uso. Il backspin invece imprime una rotazione della palla dal basso verso l’alto nel senso della traiettoria, generando un rimbalzo corto (lo stesso che si ottiene con il tiro di basket visto poco sopra). Per questo è largamente sfruttato nel golf, quando si cerca di arrivare sul green con un tiro da lontano.
Nel calcio, i cosiddetti “tiri a effetto” sono dovuti all’effetto Magnus. Roberto Carlos ha sfidato le leggi della fisica con il goal segnato tirando dalla linea di fondocampo contro il Tenerife, ai tempi del Real Madrid e con una punizione contro la Francia nel 1997. Vorrei soffermarmi su quest’ultima prodezza. Il calciatore posiziona la palla a 30 metri dalla porta francese e prende una lunga rincorsa. Colpisce la palla violentemente e le imprime una velocità di 110 km/h. Inizialmente si muove verso destra, allontanandosi dalla porta, poi improvvisamente rallenta e compie una virata a sinistra, infilandosi in rete e stupendo il mondo. Perché la palla si è comportata così? L’alta velocità ha formato un moto turbolento di aria intorno ad essa, che non offre molta resistenza al suo passaggio. Quando la palla ha rallentato a metà del suo percorso, il moto d’aria è diventato laminare, aumentando la resistenza sul pallone del 150%, facendolo virare verso la porta.
Problemi di prospettiva: gli errori dei guardalinee nella segnalazione del fuorigioco
L’errore più comune da parte degli arbitri di calcio riguarda la segnalazione del fuorigioco. Si parla di fuorigioco quando un giocatore si trova più vicino alla porta avversaria del difensore più arretrato, portiere escluso. Nel 2000, sulla prestigiosa rivista Nature, è stato pubblicato uno studio nel quale si dimostra che gli errori frequenti sono dovuti all’angolo di visuale del guardalinee, che di solito si trova oltre il difensore più arretrato. Questa posizione lo porta a considerare erroneamente quella dell’attaccante, a causa delle relative proiezioni ottiche dei giocatori sulla retina dei suoi occhi. Ciò significa che, indipendentemente dalla bravura del guardalinee, gli errori di giudizio sono inevitabili a causa delle limitazioni del nostro sistema percettivo. Secondo lo studio, circa il 10% delle chiamate di fuorigioco sono errate.
L’alimentazione: l’esempio di Cristiano Ronaldo
Nello sport professionistico, un’adeguata alimentazione è fondamentale per ottenere i risultati migliori. Carboidrati (zuccheri), lipidi (grassi) e proteine sono i macronutrienti introdotti nel nostro corpo quando mangiamo, ai quali si aggiungono vitamine e sali minerali. I primi forniscono energia, i secondi sono regolatori con attività specifiche, ad esempio quella antiossidante. Con una dieta bilanciata ricaviamo il 55-65% dell’energia dai carboidrati, il 10-15% dalle proteine e il rimanente 25-30% dai lipidi.
Tutti conoscono Cristiano Ronaldo e la sua cura per il corpo e no, non mi sto riferendo all’aspetto estetico. Il calciatore portoghese passa in palestra 5 giorni alla settimana, per mantenere la massa grassa intorno al 7% (tra gli atleti è compresa tra il 6 e il 13%) e quella muscolare al 50% (la media maschile tra i 18 e i 35 anni è del 40-45%). Un’altro dei suoi segreti è l’attenzione maniacale per l’alimentazione. Fa 6 piccoli pasti al giorno a base di frutta e verdura fresche, tante proteine e cereali integrali. Mangia ogni 3-4 ore, per mantenere il metabolismo sempre attivo e avere sempre energia sufficiente per allenarsi. Inutile dire che è uno dei motivi che gli permettono a 35 anni di fare ancora la differenza ai massimi livelli.
Il principio di Archimede: le basi del nuoto
Secondo il principio di Archimede, ogni corpo immerso in un fluido riceve una spinta verso l’alto pari al peso del volume del fluido spostato. È per questo motivo che la posizione di testa, tronco e gambe è così importante nel nuoto: spostando più o meno acqua, il corpo riceve una spinta diversa dal fluido, e di conseguenza procede più o meno velocemente.
Un nuotatore incontra tre tipi di resistenza: la resistenza alla pressione, generata dal fatto che il nuotatore “spinge” l’acqua di fronte a sé; l’attrito dell’acqua sulla pelle, che può essere ridotto impiegando delle tute specifiche; il trascinamento dell’onda, dovuto alle onde superficiali prodotte dal nuotatore in movimento. Vediamo nel dettaglio cosa succede quando si nuota a stile libero. La spinta proviene principalmente dalle braccia, mentre il movimento delle gambe serve principalmente a mantenere il corpo in linea con l’acqua, riducendone l’attrito. La posizione delle mani è cruciale, infatti imitano l’ala di un aeroplano nel modo in cui generano forza mentre si muovono nell’acqua. Muovendo la mano lungo un percorso ottimale e regolandone l’orientamento (cioè l’angolo di attacco), il nuotatore può massimizzare la forza risultante, evitando che venga dissipata dalle varie resistenze. Questa abilità si riconduce al feeling del nuotatore con l’acqua.
Attrito e resistenza dell’aria: due problemi per gli sport invernali
L’attrito viene definito come una forza che oppone resistenza al movimento su di una superficie. In alcuni sport, un giocatore lo sfrutta a proprio vantaggio (pensiamo al backspin nel basket, nel tennis e nel golf), per altri sport è un problema. Abbiamo già visto come i nuotatori risolvono il problema dell’attrito con l’acqua, ora vedremo come gli sciatori e tutti coloro che praticano sport sulla neve affrontano le varie resistenze. L’unico mezzo per contrastare l’attrito è un’accurata scelta del materiale. Un grande problema è invece la resistenza dell’aria. Per questo, chi gareggia con lo slittino si sdraia, chi fa discesa si abbassa e chi pratica il salto con gli sci assume quella caratteristica posizione a V. Queste posizioni puntano a ridurre l’area frontale, essendo questa una dei fattori che influenzano direttamente la resistenza all’aria. Gli altri fattori sono la velocità della persona e la densità dell’aria (competizioni ufficiali di molti sport non si possono svolgere al di sopra di una determinata altitudine proprio perché la ridotta densità dell’aria falserebbe le prestazioni e quindi i risultati). Uno sport interessante da trattare è il salto con gli sci, che consiste nel saltare il più lontano possibile lungo un pendio. Ciò si ottiene in due modi: guadagnando quanta più velocità possibile al decollo dalla rampa e poi sfruttando il volo. La velocità massima viene raggiunta riducendo la resistenza dell’aria sul corpo dello sciatore mentre scende dalla collina, assumendo una posizione accovacciata. Durante il volo bisogna orientare il proprio corpo e gli sci in modo da ridurre al minimo la resistenza e massimizzare il sollevamento. Lo si fa sporgendosi in avanti mentre si forma una V con gli sci. Questa tecnica di volo ha permesso agli atleti di migliorare i risultati del 10%, rispetto alle tecniche precedenti, nelle quali si tenevano gli sci paralleli.
Fonti
https://www.nature.com/articles/35003639
http://www.ssvittorioalfieri.eu/TECNICA/FLOP.pdf
https://www.comsol.com/blogs/the-physics-of-tennis-racket-sweet-spots/
https://www.real-world-physics-problems.com/physics-of-swimming.html