In questo articolo scopriremo cosa si cela dietro alla dipendenza dagli smartphone, e conosceremo come questa influisce negativamente sulla psicologia delle persone, specialmente gli adolescenti.

Gli smartphone sono strumenti così potenti e versatili da essere diventati letteralmente indispensabili per molte persone. Infatti, può capitare di provare un senso di smarrimento quando non si riesce a trovare il proprio telefono. Ma allora, questo attaccamento allo smartphone è un semplice fenomeno culturale del 21° secolo, oppure una dipendenza che ha alterato la nostra vita?

L’utilizzo patologico del telefono ha dato origine a una serie di nuovi termini, come ad esempio:

  • nomofobia: la paura di non essere raggiungibili al telefono;
  • textaphrenia: la paura di non poter inviare o ricevere messaggi (il termine è inglese e non ho trovato una traduzione in italiano);
  • sindrome da vibrazione fantasma: la sensazione che il telefono ti stia avvisando quando in realtà è silente.

Non vi sono dubbi che l’uso eccessivo dello smartphone sia un problema per molte persone. Viene dibattuto, tra i professionisti della salute mentale, se l’uso compulsivo del cellulare sia davvero una dipendenza o il risultato di un problema di controllo degli impulsi. Alcuni specialisti si rifiutano di definire “dipendenza” un comportamento che non implica l’abuso di sostanze (alcol, nicotina, droghe). Tuttavia, è ufficialmente già riconosciuta un’altra dipendenza comportamentale: il gioco compulsivo. A tal proposito, vale la pena notare che ci sono alcune importanti somiglianze tra l’uso eccessivo del cellulare e le dipendenze comportamentali come il gioco d’azzardo compulsivo. Tali somiglianze includono:

  • perdita di controllo sul proprio comportamento;
  • persistenza, ovvero difficoltà a limitarsi in quell’attività;
  • tolleranza, quindi la necessità di impegnarsi sempre di più nell’attività che crea dipendenza per ottenere la stessa sensazione appagante;
  • conseguenze psicologiche e attitudinali negative derivanti dal comportamento compulsivo;
  • irritabilità e ansia quando si è in astinenza;
  • ricadute dopo un periodo di astinenza.

Un altro aspetto condiviso tra la dipendenza comportamentale e l’uso eccessivo del cellulare riguarda la neurobiologia: in entrambi i casi il cervello produce dopamina. Si tratta di una sostanza chimica che rinforza il comportamento compulsivo, e viene prodotta quando ci si trova in situazioni gratificanti. Anche l’interazione sociale stimola il rilascio di dopamina. Poiché tutti usiamo il telefono per stare in contatto con altre persone, siamo abituati a controllarlo costantemente, alla ricerca di quell’iniezione di dopamina che viene rilasciata quando interagiamo con qualcuno. Alcune app hanno sfruttato questo principio per creare dipendenza, impostando la modalità di interazione su schemi irregolari: dal momento che riceviamo i “mi piace” e i commenti in maniera imprevedibile, sentiamo il bisogno di controllare i nostri telefoni molto più frequentemente. Questo comportamento può sfociare in un punto critico: quando il telefono smette di essere qualcosa che ci piace, per diventare qualcosa che ci sentiamo virtualmente obbligati a usare.

Smartphone e dopamina

Come già accennato, la dopamina è una sostanza chimica prodotta dal cervello che svolge un ruolo da protagonista nel motivare il comportamento. Viene rilasciata quando mangiamo del cibo delizioso, quando facciamo sesso, dopo l’esercizio fisico e, soprattutto, quando abbiamo interazioni sociali di successo. In un contesto evolutivo, ci premia per comportamenti positivi e ci motiva a ripeterli.

Ma come agisce la dopamina? Le varie aree del cervello comunicano tra loro attraverso l’invio di piccole molecole chiamate neurotrasmettitori, che viaggiano su “autostrade neurali” fino alla destinazione stabilita, per consegnare il messaggio che contengono. La dopamina viaggia su quattro strade principali. Tre di questi percorsi – mesocorticale, mesolimbico e nigrostriatale – sono considerati i “percorsi della ricompensa” e si sono dimostrati disfunzionali nella maggior parte dei casi di dipendenza. Sono responsabili del rilascio di dopamina in varie parti del cervello, modellandone l’attività. Il quarto, il percorso tuberoinfundibolare, regola il rilascio di un ormone chiamato prolattina, necessario per la produzione di latte.

Sebbene i “percorsi della ricompensa” siano distinti nella loro organizzazione anatomica, tutti e tre diventano attivi quando si prevedono o si verificano eventi gratificanti. In particolare, rafforzano l’associazione tra un particolare stimolo e il benessere che ne consegue (percepito come premio). Ogni volta che una risposta a uno stimolo si traduce in una ricompensa, queste associazioni diventano più forti attraverso un processo, chiamato potenziamento a lungo termine. Questo processo rafforza le connessioni utilizzate di frequente tra i neuroni, aumentando l’intensità con cui rispondono a particolari stimoli.

Sebbene non così intensi come dopo aver assunto cocaina, gli stimoli sociali positivi si traducono in un rilascio di dopamina, rafforzando qualsiasi comportamento lo abbia preceduto. I neuroscienziati cognitivi hanno dimostrato che gli stimoli sociali gratificanti – facce che ridono, riconoscimento da parte dei nostri coetanei, messaggi dei propri cari – attivano gli stessi percorsi di ricompensa dopaminergici. Gli smartphone ci hanno fornito una scorta virtualmente illimitata di stimoli sociali, sia positivi che negativi. Ogni notifica, che si tratti di un messaggio di testo, un “mi piace” su Instagram o una notifica di Facebook, ha il potenziale per essere uno stimolo sociale positivo e quindi generare un afflusso di dopamina.

Un’arma in più: l’effetto sorpresa

Lo studio del processo “ricompensa/dipendenza” si è recentemente concentrato su una caratteristica dei neuroni dopaminergici, chiamata codifica RPE (reward prediction error, ovvero “errori di previsione”).

Gli errori di previsione (riguardo a una ricompensa) consistono nelle differenze tra i premi previsti e quelli ricevuti e ci spingono a lottare per ricevere ricompense maggiori. La maggior parte dei neuroni dopaminergici reagiscono ad un errore di previsione della ricompensa: sono attivati ​​da una ricompensa maggiore del previsto (errore di previsione positivo), rimangono all’attività di base di fronte al ricevimento dei premi previsti e mostrano un’attività depressa quando la ricompensa è minore del previsto (errore di previsione negativo). Questa caratteristica neurologica viene sfruttata dalle macchine del gioco d’azzardo. Immaginate di giocare alle slot machines: quando avete azionato la leva, l’attesa mentre le ruote girano fornisce tempo ai nostri neuroni dopaminergici per aumentare la loro attività, creando una sensazione gratificante ancora prima che le ruote si fermino. Lo stesso avviene quando si aspetta che la pallina si fermi su un numero della roulette. Ma man mano che i risultati negativi si accumulano, la perdita di attività della dopamina ci incoraggia a disimpegnarci. Pertanto, per i proprietari di casinò, è necessario mantenere un equilibrio tra risultati positivi e negativi per mantenere il nostro cervello impegnato.

Anche i social network sfruttano questa proprietà dei neuroni dopaminergici: in maniera simile alle slot machine, molte app implementano un modello di ricompensa ottimizzato per tenerci coinvolti il più possibile.

Programmi di ricompensa variabili furono introdotti dallo psicologo B.F. Skinner negli anni ’30. Nei suoi esperimenti, ha scoperto che i topi rispondono più frequentemente agli stimoli associati a una ricompensa quando questa viene somministrata dopo un numero variabile di risposte, precludendo la capacità dell’animale di prevedere quando sarebbero stati ricompensati. Con gli smartphone vale lo stesso principio: se percepiamo che una ricompensa viene elargita senza seguire uno schema preciso, e se la verifica della ricompensa ha un costo ridotto, finiamo per controllare più frequentemente il cellulare. Per questo, potreste ritrovarvi a controllare il telefono al minimo sentore di noia, per pura abitudine. I programmatori lavorano duramente per indurci proprio a questo comportamento.

Se siete utenti di Facebook da alcuni anni, avrete probabilmente notato che il sito ha ampliato i suoi criteri per le notifiche. Quando ci si iscrive per la prima volta, il centro notifiche ruota attorno ad un piccolo set iniziale di connessioni, creando quel collegamento cruciale tra notifica e ricompensa sociale. Man mano che si espande l’utilizzo del sito e si inizia a interagire con vari gruppi, eventi e artisti, anche il centro di notifiche diventerà più attivo. Vediamo un altro esempio, che riguarda l’implementazione di Instagram con un programma di ricompensa a rapporto variabile. Gli algoritmi di notifica di Instagram a volte trattengono i “mi piace” sulle foto per rilasciarli a raffiche più intense, tutti insieme. Quindi, quando pubblichiamo un post, potremmo essere delusi di trovare meno risposte di quelle attese, solo per riceverle più corpose in un secondo momento. I centri dopaminergici vengono stimolati dagli esiti negativi iniziali, per rispondere in modo più intenso all’improvviso afflusso di apprezzamento sociale. Questo utilizzo di programmi di ricompensa variabile sfrutta il nostro desiderio di convalida sociale guidato dalla dopamina e ottimizza l’equilibrio dei segnali di feedback negativi e positivi fino a quando non diventiamo utenti abituali.

Abuso degli smartphone e adolescenti

Chiunque viva o interagisca quotidianamente con pre-adolescenti o adolescenti sa che in ogni momento della giornata, hanno in mano i loro smartphone. Questi ragazzi non hanno mai conosciuto un mondo senza Internet. Un rapporto del 2015 del Pew Research Center ha riportato che il 24% degli adolescenti di età compresa tra 13 e 17 anni afferma di essere online “quasi costantemente” e che il 73% possiede uno smartphone. Questa “generazione digitale”, chiamata anche Generazione Z, comunica maggiormente per immagini e tramite messaggi, che non di persona. Secondo lo psicologo Jean Twenge, questa generazione – nata tra il 1995 e il 2005 – è “sull’orlo della peggiore crisi di salute mentale degli ultimi decenni e gran parte di questo deterioramento può essere ricondotto ai loro telefoni”. E mentre la veridicità della sua ipotesi è discutibile, non c’è dubbio che l’era digitale stia influenzando la salute mentale degli adolescenti.

La Generazione Z, possiede l’intero mondo delle informazioni a portata di mano. Non sono necessari dizionari, enciclopedie o elenchi telefonici: è tutto nel telefono. Twitter li connette con le loro celebrità preferite, Facebook, Instagram e Snapchat li informano su dove si trovano i loro amici, cosa indossano e che musica stanno ascoltando. Tutte queste informazioni e tecnologie sono progettate per rendere la vita più facile, conveniente e connessa. Quindi, cosa potrebbe esserci di dannoso in questo?

Glen Geher, docente di psicologia presso la State University di New York, ha recentemente descritto su Psychology Today i tre modi in cui le moderne tecnologie di Internet stanno danneggiando i giovani.

  1. Per cominciare, smartphone e social media insegnano agli adolescenti ciò che gli psicologi sociali chiamano “comunicazione deindividuata”. In altre parole, quando comunicano tramite messaggi da smartphone o tramite i social media, si sentono essenzialmente senza volto, assenti o anonimi e non responsabili di ciò che stanno dicendo. È certamente più facile essere meschini e offensivi con gli altri, quando non si è fisicamente presenti per ricevere una reazione (questo chiaramente vale anche per gli adulti). Non c’è quindi da meravigliarsi se i livelli di ansia sono ai massimi storici in questa fascia di età e si mantengono alti anche durante il periodo universitario.
  2. Come abbiamo visto sopra, i telefoni cellulari, specialmente per questa generazione, creano dipendenza.
  3. Un altro effetto dannoso del sovraccarico di smartphone e social media è la mancanza di tempo trascorso all’aperto. I benefici per la salute mentale e fisica dello stare all’aria aperta sono ben documentati, eppure i nostri figli trascorrono sempre meno tempo fuori di casa, scollegati dal mondo digitale. Solo il 10% dei bambini trascorre del tempo all’aria aperta ogni giorno. Il tempo trascorso nella natura ha dei benefici incredibili per loro: costruisce la fiducia, promuove la creatività, l’immaginazione, la responsabilità, la consapevolezza, li fa muovere e li fa pensare. E forse la cosa più importante, il tempo trascorso all’aperto riduce lo stress e la fatica.

L’adolescenza è un momento importante per lo sviluppo delle abilità sociali. I ragazzi imparano ad interagire con i loro coetanei, sviluppando amicizie, risolvendo conflitti e scoprendo quali comportamenti sono da evitare. Tuttavia, poiché al giorno d’oggi gli adolescenti trascorrono meno tempo con i loro amici dal vivo, hanno meno opportunità di praticare queste abilità sociali. Di conseguenza si trovano più a disagio in contesti sociali, preferendo comunicare tramite testo o emoji, piuttosto che dal vivo, creando per se stessi un’esistenza falsa e solitaria.

L’adolescente medio ha bisogno di 8-10 ore di sonno ogni notte perché questi anni sono il momento migliore per la crescita fisica, intellettuale ed emotiva. Infatti, gli adolescenti hanno bisogno di più sonno rispetto alla loro età pre-adolescenziale e anche di quanto ne avranno bisogno da adulti. Eppure, nel 2015 è stato registrato che il 57% in più di adolescenti si deprivava del sonno rispetto ai pari età nel 1991, prima dell’avvento degli smartphone. Addirittura, tra il 2012 e il 2015, il 22% degli adolescenti non riesce a dormire nemmeno sette ore a notte. Perché? Passare molte ore al giorno sugli smartphone mantiene il cervello sveglio, poiché le luci dello schermo sopprimono l’ormone melatonina, che favorisce il sonno. Gli adolescenti deprivati ​​del sonno hanno difficoltà a concentrarsi a scuola: i loro voti si abbassano e la loro motivazione per avere successo spesso diminuisce. Inoltre sono soggetti più frequentemente a sbalzi d’umore e, se aggravati dalla pressione sociale, depressione. In relazione a ciò, svariati studi hanno dimostrato che gli adolescenti che trascorrono meno tempo della media al cellulare hanno maggiori probabilità di essere felici. Invece, coloro che trascorrono più tempo rispetto alla media sullo smartphone hanno maggiori probabilità di essere infelici, soli e soffrire di ansia e depressione. Le statistiche mostrano che dal 2012 al 2015, la depressione nei ragazzi è aumentata del 21%, mentre nelle ragazze del 50%.

Smartphone e depressione

Da tempo si sa che squilibri nei livelli di GABA e glutammato/glutammina (Glx) svolgono un ruolo cruciale nei disturbi dell’umore, come la depressione e l’ansia. Il GABA è un neurotrasmettitore inibitorio che interagisce con le sinapsi neurali, rallentando la segnalazione tra le cellule cerebrali. Il GABA bilancia l’effetto di Glx, un neurotrasmettitore eccitatorio che accelera la segnalazione elettrica nel cervello. È inoltre noto che i rapporti GABA/Glx e GABA/creatina – quest’ultima è una sostanza naturale che svolge un ruolo nella regolazione emotiva e nelle capacità cognitive – sono legati alla gravità della dipendenza da smartphone e Internet, oltre allo sviluppo di ansia e depressione.

Gli adolescenti con dipendenza da smartphone sono stati sottoposti a risonanza magnetica ed è stato riscontrato che, rispetto ad adolescenti sani, i primi avevano un rapporto GABA/Glx più elevato nell’area della corteccia cingolata anteriore del cervello, che per l’appunto è implicata nella cognizione e nella regolazione delle emozioni. Pertanto è stato ipotizzato che i livelli di GABA nella corteccia cingolata anteriore dei giovani con dipendenza da smartphone potrebbero essere associati al danneggiamento dei processi cognitivi ed emotivi. Tuttavia, questa ipotesi deve ancora essere confermata da ulteriori studi clinici.

Una nota positiva riguarda il fatto che con una corretta terapia è possibile curare questo problema. La terapia cognitivo-comportamentale, o CBT, è una tecnica di terapia a breve termine che può aiutare le persone a trovare nuovi modi di comportarsi modificando i propri schemi di pensiero. Si tratta di un approccio orientato agli obiettivi e specifico al problema, che richiede il coinvolgimento attivo dell’individuo. Si concentra sulle loro sfide, pensieri e comportamenti. Per questo la CBT può aiutare le persone a ridurre lo stress, affrontare relazioni complicate, il dolore e molte altre sfide comuni della vita, ed è stato dimostrato che può anche aiutare a uscire dalla dipendenza da smartphone.

Fonti

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4826767/

Dopamine, Smartphones & You: A battle for your time

Lenhart, Amanda “Teens, Social Media and Technology.” The Pew Research Center. April 9, 2015.

Twenge, Jean. “Have Smartphones Destroyed a Generation?” The Atlantic. September 2017.

Geher, Glenn. “The Mental Health Crisis Is Upon the Internet Generation.” Psychology Today. July 23, 2018.

Ehmke, Rachel. “How Using Social Media Effects Teenagers.” The ChildMind Institute. Childmind.org. N.d. Accessed September 15, 2017.

“Kids These Days.” The Nature Conservancy. Nature.org N.d. Accessed September 17, 2017.

Homayoun, Ana. “The Secret Social Media Lives of Teenagers.” New York Times. June 7, 2017.

Cohen, Danielle. “Why Kids Need to Spend Time in Nature.” Childmind.org. Accessed September 17, 2017.

Schrobsdorf, Susanna. “There’s A Startling Increase in Major Depression Among Teens in the U.S.” TIME Magazine. November 15, 2016.

https://www.medicalnewstoday.com/articles/320183

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6449671/