Il mese scorso il Cremlino ha dichiarato che il presidente russo Vladimir Putin aveva ricevuto la prima dose di un vaccino COVID-19 fatto in casa. In seguito alla notizia, è iniziato un gioco d’ipotesi. Aveva ottenuto lo Sputnik V, a cui la Russia aveva concesso l’autorizzazione per l’uso d’emergenza nell’agosto 2020 dopo aver testato solo 79 pazienti? O ha ricevuto un altro vaccino che la Russia aveva autorizzato con meno clamore e anch’esso poco testato?
Il secondo vaccino in questione, noto come EpiVacCorona e autorizzato per la prima volta nell’ottobre 2020, ha iniziato a emergere dall’ombra dello Sputnik V, portando con sé non poche polemiche. Esso è infatti stato sviluppato da VECTOR, il famoso Centro di Ricerca Statale di Virologia e Biotecnologia che un tempo studiava le armi biologiche e ora è uno dei due depositi al mondo del virus del vaiolo debellato. La Russia ha iniziato a offrire EpiVacCorona a un numero limitato di persone lo scorso anno, ma prevede di somministrare 1,5 milioni di dosi al mese entro questa estate e punta a una campagna nazionale più ampia.
Solo alla fine di marzo VECTOR ha pubblicato dati clinici su EpiVacCorona. Questi dati derivano da test clinici di fase 3 eseguiti su 14 persone e uno studio di fase 2 su 86 persone. Gli scienziati non hanno segnalato problemi legati alla sicurezza e hanno detto che i volontari che hanno ricevuto il vaccino hanno prodotto anticorpi in grado di bloccare il virus. Tuttavia VECTOR non ha riportato prove del fatto che il vaccino protegga effettivamente le persone dal COVID-19.
I dubbi sono aumentati dal fatto che i volontari vaccinati non hanno trovato alcun anticorpo neutralizzante dopo aver eseguito un test commerciale per rilevarli, mentre VECTOR ha utilizzato un test diverso, i cui dettagli non sono noti. I funzionari di VECTOR difendono gli studi clinici e spiegano che è in corso uno studio clinico di fase 3 su più di 3000 persone.
La gran parte dei vaccini contro il COVID-19 sono a DNA o RNA e stimolano la produzione – da parte delle cellule – della proteina spike virale. Questa proteina poi attiva la risposta anticorpale. Il vaccino EpiVacCorona è invece costituito da tre frammenti (chiamati peptidi) della proteina spike, che sono legati ad una molecola (che funge da vettore), la quale a sua volta è composta da frammenti della proteina che costituisce l’involucro del virus. Grazie a questa composizione, i funzionari di VECTOR sostengono che il vaccino fornisca tre livelli di protezione: previene che il virus si leghi alla cellula, evita che il virus entri nella cellula (entrambe stimolate dai frammenti di proteina Spike) e offre un’ulteriore difesa contro il virus circolante (stimolata dalla proteina dell’involucro).
L’innovativo approccio peptidico, che VECTOR utilizza anche per un vaccino contro il virus Ebola, ha incuriosito alcuni scienziati. Fino ad oggi nessun vaccino a base di peptidi è stato autorizzato dagli Stati Uniti, dall’Europa o dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Ce ne sono diversi negli studi clinici, il che suggerisce che non esistano ancora prove definitive circa la loro efficacia, nonostante sembrino promettenti. La selezione dei peptidi è cruciale per questo tipo di vaccino e, secondo alcuni ricercatori, VECTOR potrebbe non aver scelto i migliori: la scorsa primavera, quando gli scenziati di VECTOR hanno selezionato i loro peptidi, c’erano ancora poche informazioni disponibili sul virus e sui peptidi della proteina spike più appropriati per stimolare la risposta immunitaria. VECTOR ha affermato che i peptidi scelti variano poco tra i ceppi, assicurando che il vaccino funzionerà anche contro le nuove varianti di SARS-CoV-2.
I russi potrebbero così utilizzare un altro vaccino COVID-19 per integrare lo Sputnik V, che nonostante le incertezze iniziali sembra essere altamente efficace ed è stato autorizzato in quasi 60 Paesi. EpiVacCorona è più facile da produrre rispetto allo Sputnik V, che consiste in un adenovirus geneticamente modificato per produrre la proteina spike (simile al vaccino AstraZeneca).
Infine, la Russia possiede anche un terzo vaccino autorizzato contro il COVID-19, prodotto da un altro centro di ricerca e costituito dal virus inattivato, del quale si conosce ancora meno.