La scienza ha un potere incredibile. In pochi secoli, grazie alle conoscenze scientifiche, abbiamo quasi raddoppiato la durata della nostra vita, migliorandone la qualità, e abbiamo imparato molto sulla natura dell’universo. Tuttavia, non è raro incontrare qualcuno che non si fidi della scienza. Soprattutto negli ultimi decenni, la percentuale di persone che hanno perso fiducia nel mondo accademico e nella scienza in generale è aumentata in modo significativo. Negli Stati Uniti, tra il 2006 e il 2014, le persone con molta fiducia nel mondo accademico sono crollate dal 41 al 14%. Allo stesso modo, tra il 2009 e il 2015 chi pensa che la scienza abbia reso la vita più difficile è aumentato del 50%.
Da dove proviene questo scetticismo nella scienza?
Iniziamo col dire che la domanda non è posta in maniera corretta. Infatti, dovrebbero essere presi in considerazione diversi tipi di scetticismo. “Mi fido dei vaccini ma non credo nel cambiamento climatico” e “la scienza è solo una di tante opzioni” sono due modi diversi di esprimere sfiducia nella scienza, che non dovrebbero essere confusi. Per spiegarmi meglio, faccio riferimento a uno studio pubblicato da Bastiaan Rutjens e colleghi nel 2018, nel quale vengono indicati quattro fattori che predispongono alla perdita di fiducia nella scienza: ideologia politica, religiosità, moralità e conoscenza scientifica. Attraverso un sondaggio sul popolo nordamericano, hanno osservato che l’ideologia politica conservatrice è correlata specificamente allo scetticismo sul cambiamento climatico. Un’eccessiva religiosità ha una correlazione con la diffidenza nei vaccini e una limitata conoscenza scientifica con quella nelle modificazioni genetiche. Infine, i conservatori religiosi sono la categoria di persone che meno supportano la scienza. Successivamente, gli autori hanno eseguito lo stesso sondaggio nei Paesi Bassi, rispecchiando solo alcuni dei risultati ottenuti negli Stati Uniti. Ad esempio, la religiosità ha una correlazione con lo scetticismo sull’evoluzione e non sui vaccini, e la spiritualità con una generale scarsa fiducia nella scienza. Invece, la correlazione tra conservatorismo politico e cambiamento climatico, e tra conoscenze scientifiche e scetticismo su vaccini/modificazioni genetiche è stata confermata anche in Europa. Quindi, la conclusione è che ci sono diversi tipi di scetticismo che dovrebbero essere trattati in modo diverso.
Moltissimi studi hanno dimostrato che i vaccini non causano l’autismo, che il riscaldamento globale è reale, che le persone non sono più sicure con una pistola in casa. Tuttavia, sono in molti a rifiutare deliberatamente questi fatti, preferendo mantenere le loro convinzioni errate. Il sociologo Gordon Gauchat ha esaminato i dati delle indagini condotte tra il 1974 e il 2010 negli Stati Uniti e ha osservato un’inesorabile e costante perdita di fiducia nella comunità scientifica.
Perché la fiducia nella scienza è in costante calo?
Oggi, diverse fazioni supportano lo scetticismo sulla scienza: alcuni gruppi religiosi rifiutano l’evoluzione, gruppi industriali condividono lo scetticismo sul riscaldamento globale. Insieme a loro, le pseudoscienze contribuiscono spudoratamente alla disinformazione, entrando in competizione con il metodo scientifico. Quest’ultimo, introdotto nel 17° secolo, inizia con l’osservazione di un fenomeno, al quale segue la formulazione di un’ipotesi per provare a spiegarlo. Questa ipotesi viene quindi verificata da rigorosi esperimenti scientifici, che possono confermarla o smentirla. Gli pseudoscienziati agiscono diversamente: in primo luogo, affermano che il consenso scientifico deriva da una cospirazione atta a sopprimere ogni opinione alternativa; poi presentano falsi esperti per confermare le loro teorie; selezionano i pochi dati e articoli che sfidano la visione principale della scienza al fine di screditare l’intero ambito e infine richiedono alla ricerca sforzi impossibili per difendere la posizione della comunità scientifica. Evidentemente, quest’ultima strategia è più accattivante per le persone, che spesso non comprendono il metodo scientifico (non è colpa loro, la scienza è difficile anche per gli scienziati).
Ora proviamo a capire perché è così difficile far sì che le persone abbandonino le loro convinzioni errate. Quando una persona viene confrontata su un argomento, si attiva un’area del cervello che sopprime le informazioni indesiderate. È facile testare questo comportamento eseguendo un test di Stroop. Il test consiste nel dire il colore delle parole nei due quadrati sottostanti (quindi non di leggere la parola). Con un cronometro, noterete che ci vuole più tempo per completare il riquadro a destra, perché il testo e il colore non corrispondono. Provate!
Questo conflitto interiore mira a sopprimere le informazioni che screditano una convinzione errata, e potrebbe – almeno parzialmente – spiegare la difficoltà nella lotta allo scetticismo sulla scienza. Un’altra caratteristica interessante della nostra psiche si chiama effetto Dunning-Kruger: è un pregiudizio cognitivo che porta le persone con scarsa capacità/conoscenza in un determinato ambito a sentirsi estremamente competenti. È ipotizzabile che Internet abbia enfatizzato questo fenomeno, facendo credere alle persone che una breve lettura online potrebbe offrire loro la stessa conoscenza di una persona che ha trascorso tutta la vita a lavorare su quell’argomento. Il professor Thomas Nichols ha affermato che l’accessibilità di Internet offre un’illusione di conoscenza “potenziata da Google, basata su Wikipedia, trasudante di blog” e che “Internet incoraggia non solo l’illusione di essere tutti ugualmente competenti, ma che siamo tutti sullo stesso livello. E non lo siamo.” Prima di Internet, le persone ricevevano informazioni da esperti che venivano intervistati a proposito o che hanno scritto capitoli di enciclopedie. Internet ha aperto un vaso di Pandora pieno di disinformazione, e le persone non sono preparate per distinguere le fake news dalle notizie vere (per maggiori informazioni al riguardo, leggete qui).
Come far sì che le persone ritrovino fiducia nella scienza?
“Il manuale sul debunking”, compilato da John Cook e Stephan Lewandowsky, spiega come confutare direttamente le pseudoscienze non sia una strategia efficace, perché si ritorcerebbe contro e finirebbe col provocare l’effetto contrario. Infatti, smentire uno studio fraudolento lo porrebbe sotto i riflettori, rendendolo più popolare e finirebbe col godere di un sostegno più convinto. Una strategia più efficace è invece quella di limitarsi alla divulgazione della buona scienza, senza fare riferimento alle teorie che si vogliono confutare. Ad esempio, è inutile combattere i falsi miti sui vaccini, mentre bisognerebbe concentrarsi esclusivamente sulla divulgazione delle informazioni che dimostrano perché i vaccini sono utili e non dannosi.
Chi dovrebbe farlo?
I governi e le istituzioni dovrebbero impegnarsi maggiormente nel respingere la disinformazione e le pseudoscienze, fornendo linee guida su come riconoscere le fake news e costringendo i mass media e i social network a limitarne la diffusione. Poiché questa non è mai una priorità per i politici, gli scienziati dovrebbero contribuire attivamente alla causa. L’ispirazione potrebbe essere presa dal Pro-Truth Pledge (https://www.protruthpledge.org/): un’aggregazione di scienziati basata sul volontariato e senza scopo di lucro che mira a condividere, onorare e incoraggiare la verità, controllando le informazioni diffuse, autenticando quelle vere (anche se in disaccordo), chiedendo di ritrattare quelle smentite da fonti affidabili e così via. Come scienziato, ritengo che la comunità scientifica non sia abbastanza coesa verso questo obiettivo, a causa della competizione tra i “pezzi grossi” della ricerca e dell’ineluttabile ed opprimente condizione del “pubblica o muori” degli scienziati. La comunità scientifica può essere considerata una delle più grandi aziende del mondo, e le persone si aspettano di vedere tutti gli scienziati dalla stessa parte, come quando facciamo la “Marcia per la Scienza”. Ovviamente è giusto che gli scienziati non siano d’accordo e dibattano su determinati argomenti, ma cosa percepisce la gente da quei dibattiti? Infatti, un altro punto che voglio sottolineare è che la scienza presenta notevoli lacune da un punto di vista comunicativo. La divulgazione scientifica è vista come un’attività di nicchia, anche se costituisce l’unico metodo per raggiungere il grande pubblico e convincerlo che con il nostro lavoro stiamo facendo del bene. E se i gruppi di ricerca appartenenti allo stesso settore facessero uno sforzo collaborativo per pubblicare articoli di divulgazione scientifica e sfruttassero meglio i social media per andare oltre l’ambiente accademico? Pareggiare la capacità comunicativa delle pseudoscienze sarebbe un primo passo fondamentale per recuperare il terreno perso.
Di certo è possibile far sì che la gente ritrovi fiducia nella scienza, ma è necessario agire al più presto e in maniera meglio organizzata.
Davide Giorgio Berta
Fonti
https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/00221546.2017.1291256?journalCode=uhej20
https://www.aaup.org/NR/rdonlyres/DCF3EBD7-509E-47AB-9AB3-FBCFFF5CA9C3/0/2006Gross.pdf
https://www.pewresearch.org/science/2015/01/29/public-and-scientists-views-on-science-and-society/
https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/0146167217741314
https://www.asanet.org/sites/default/files/savvy/images/journals/docs/pdf/asr/Apr12ASRFeature.pdf
https://harvardmagazine.com/2018/03/death-of-expertise-by-tom-nichols
https://skepticalscience.com/docs/Debunking_Handbook.pdf