Alzi la mano chi non vorrebbe che la propria nazione si accaparrasse quante più dosi vaccinali possibili per raggiungere l’immunità di gregge, fregandosene se altri Paesi dovessero rimanere senza vaccino. In questo articolo vi porto evidenze che provano come questo “nazionalismo vaccinale” sia deleterio per l’economia mondiale. In particolare, il comportamento nazionalistico da parte dei governi potrebbe escludere alcuni Paesi dall’accesso ai vaccini per il COVID-19 e costare all’economia globale fino a 1,2 trilioni di dollari all’anno di PIL, secondo un recente studio dell’organizzazione di ricerca no-profit RAND Europe.

Cos’è il nazionalismo vaccinale

Il “nazionalismo vaccinale” prevede che ogni Paese dia la priorità ai propri cittadini, firmando accordi bilaterali direttamente con le aziende farmaceutiche per accumulare scorte di vaccini.

L’esperienza dimostra che i governi nazionali, in risposta a precedenti pandemie, tendono a seguire i propri interessi invece di perseguire un approccio più coordinato a livello globale. Se i Paesi spingono per ottenere il primo accesso a una fornitura di vaccini o accumulano componenti chiave della loro produzione, si verifica il nazionalismo vaccinale. Per prevenire questo problema (e tra poco vedremo perché lo è), sono in corso sforzi internazionali come COVAX (una cooperazione tra l’OMS e altre istituzioni internazionali), per fornire parità di accesso ai vaccini a livello globale, mettendo in comune le risorse. Tuttavia, finora ci sono stati solo deboli impegni da parte dei Paesi più ricchi.

I risultati dello studio

L’analisi macroeconomica dello studio mostra che, finché il virus non sarà sotto controllo in tutte le regioni del mondo, continuerà ad esserci un costo globale associato al COVID-19 e al suo prolungato impatto negativo su alcuni settori economici.

Gli autori hanno tratto le loro conclusioni misurando l’impatto sul PIL globale in quattro possibili scenari:

  1. nessun vaccino disponibile per il COVID-19
  2. solo le nazioni ricche che producono il vaccino ne possono disporre
  3. solo i Paesi ad alto reddito possono disporre del vaccino
  4. solo i Paesi ad alto e medio reddito possono disporre del vaccino.

I risultati sono mostrati nella figura sottostante:

I valori mostrano la perdita del PIL globale nei quattro scenari presentati. Si va dai 3,45 trilioni di dollari nel caso in cui non venga prodotto alcun vaccino (fortunatamente, ipotesi che sembra scongiurata), ai 153 miliardi di dollari nel caso in cui i Paesi a basso reddito venissero tagliati fuori dalla distribuzione dei vaccini. Fonte: Rand.org (immagine adattata)

Secondo l’analisi, il costo economico globale associato al COVID-19 sarebbe di 3,4 trilioni di dollari all’anno in perdita di PIL in caso di assenza di un vaccino. Nel caso dell’Unione Europea ammonterebbe a 983 miliardi (pari al 5,6% del PIL).

E se rimanessero esclusi dai vaccini solo i Paesi a basso reddito? In tal caso l’economia globale potrebbe comunque subire un deficit di 153 miliardi di dollari all’anno in termini di PIL: gli Stati Uniti perderebbero 16 miliardi di dollari all’anno, l’Unione Europea 40, il Regno Unito 5, la Cina 14 e gli altri Paesi ad alto reddito complessivamente 39 miliardi.

Al contrario, lo studio dimostra che se venisse garantita la copertura vaccinale a tutto il mondo, vi sarebbero degli incentivi economici notevoli per i Paesi più ricchi. Si stima che i Paesi ad alto reddito perderebbero 119 miliardi all’anno se quelli a basso reddito non ricevessero il vaccino e che il costo per garantire il vaccino a questi ultimi sia di circa 25 miliardi di dollari. Per questo, se i Paesi ad alto reddito pagassero per questa fornitura, vi sarebbe un rapporto benefici-costi di 4,8 a 1. In altre parole, per ogni dollaro speso, i Paesi ad alto reddito ne otterrebbero indietro circa 4,8.

Considerazioni etiche

Al di là delle implicazioni economiche, vi sono considerazioni etiche da fare: la competizione globale per i vaccini potrebbe portare a morti evitabili se le persone vulnerabili in alcuni Paesi dovessero ricevere il vaccino dopo quelle a basso rischio in altri Paesi. È pertanto essenziale stabilire un quadro di distribuzione vaccinale che non lasci indietro nessuno, mettendo da parte il nazionalismo a favore di un buon senso globale.

Dal momento che lo sforzo internazionale per sostenere la distribuzione dei vaccini deve essere sostenuto nel tempo e probabilmente durerà per diversi cicli politici, la cooperazione globale potrebbe aiutare a concentrare il processo decisionale sulle pianificazioni a lungo termine, che coinvolgano sia la salute della popolazione mondiale che lo sviluppo economico.

Fonti

https://www.rand.org/news/press/2020/10/28.html

https://www.rand.org/pubs/research_briefs/RBA769-1.html