Quello delle persone che guariscono dalla Covid-19 è l’unico numero della pandemia che ci piace guardare. Ecco perché ho pensato a lungo se scrivere questo articolo o se lasciar perdere. Alla fine ho deciso di scriverlo, perché ritengo sia meglio affrontare la questione, piuttosto che ignorarla. Per farla breve, i sopravvissuti alle forme più gravi di Covid-19 non hanno vita facile dopo la guarigione. Una volta a casa, chi ha trascorso settimane respirando grazie all’ausilio di ventilatori meccanici dovrà affrontare conseguenze a lungo termine dovute sia all’infezione che ai trattamenti ricevuti in terapia intensiva.
La Covid-19 colpisce i polmoni, ma la mancanza di ossigeno e l’infiammazione diffusa possono danneggiare anche reni, fegato, cuore, cervello e altri organi. È troppo presto per dire se l’infezione causerà danni permanenti, ma si sa che la polmonite aumenta il rischio di patologie come infarto, ictus e malattie renali. Per fare un esempio, nel primo anno dopo la guarigione da una polmonite, una persona ha un rischio 4 volte maggiore di contrarre una malattia cardiaca rispetto a una persona sana della stessa età e 1,5 volte superiore nei nove anni successivi. Questo è sicuramente qualcosa che il sistema sanitario dovrà considerare.
Indipendentemente dalla malattia, una persona che ha trascorso alcune settimane in terapia intensiva è più soggetta a problemi di salute fisica, cognitiva e mentale. I pazienti con coronavirus potrebbero essere più a rischio rispetto ad altri perché trascorrono in media un tempo più lungo nel reparto. La ventilazione artificiale prolungata porta a debolezza muscolare e atrofia. La fisioterapia durante la degenza in terapia intensiva aiuta a prevenirli, ma il ricovero di centinaia di pazienti e la loro infettività sono un limite durante la pandemia di coronavirus.
Un altro rischio per i pazienti Covid-19 è il delirium, una condizione psicologica che può portare a problemi cognitivi e di memoria. Ciò è in parte dovuto al virus stesso: i neuroni potrebbero essere uccisi direttamente dal patogeno o indirettamente dal ridotto flusso di ossigeno al cervello a causa dell’infiammazione diffusa nell’organismo. Un’altra causa del delirium è la continua somministrazione di sedativi (soprattutto benzodiazepine) prescritti dai medici per calmare la tosse violenta.
I medici hanno una lista di azioni da svolgere per ridurre i rischi di cui sopra, ma durante la pandemia di coronavirus è difficile seguirla. Infatti, la strategia consiste essenzialmente nel ridurre la quantità di sedativi e la ventilazione, per vedere se il paziente può tollerare la nuova condizione, ma ciò richiede un monitoraggio costante e la mancanza di personale è un problema.
Al momento, è in fase di preparazione uno specifico programma di riabilitazione fisica e psicologica per i pazienti gravi di Covid-19. Dall’esperienza con la SARS abbiamo appreso circa un terzo dei pazienti sviluppa depressione e/o ansia entro un anno dalla guarigione. Dovremo tenerlo presente quando questo incubo sarà finito: le conseguenze a lungo termine non spariranno insieme all’emergenza.
Fonte
https://www.sciencemag.org/news/2020/04/survivors-severe-covid-19-beating-virus-just-beginning#