Si tratta di una domanda che sorge spontanea ogni qualvolta sentiamo di qualcuno che muore di tumore. La scoperta degli antibiotici e l’invenzione dei vaccini hanno ridotto drasticamente il numero di morti dovute, rispettivamente, a patologie batteriche e virali. Queste innovazioni, unitamente al miglioramento generale delle condizioni igienico-sanitarie, hanno determinato un significativo allungamento della vita media, rivelando che in età avanzata (nella maggior parte dei casi), siamo suscettibili a diversi tipi di tumore.
Ma vediamo qualche numero nel dettaglio. Dopo i decessi legati al sistema cardio-circolatorio (cardiopatie ischemiche ed ictus), il cancro rappresenta la seconda causa di morte a livello mondiale, con 9,6 milioni di morti nel 2018 (Top 5: tumore ai polmoni: 1,76 milioni di morti; al colon-retto: 862 000 morti; allo stomaco: 783 000 morti; al fegato: 782 000 morti; al seno: 627 000 morti). Una morte su sei è dovuta ad un tumore, ma la distribuzione non è omogenea: circa il 70% delle morti per cancro si verifica nei paesi a basso e medio reddito. Inoltre, sebbene siamo lontani dal definire una cura per il cancro, la mortalità si è abbassata drasticamente. Ad esempio, nel 2015 le morti dovute al cancro negli USA sono diminuite del 26% rispetto al 1991, il che significa aver scongiurato 2,4 milioni di morti nel lasso di tempo indicato.
Cosa sono i tumori?
Un tumore insorge quando una cellula dell’organismo va incontro ad un processo di trasformazione, passando attraverso una fase pre-cancerosa fino allo stadio di tumore maligno. Una cellula tumorale si dissocia dall’organismo ed inizia a proliferare in maniera incontrollata, ignorando tutti i segnali di risposta che l’organismo le invia. Si tratta quindi di una patologia diverse dalle infezioni batteriche e virali.
I fattori causativi dei tumori possono essere raggruppati in: agenti fisici (raggi ultravioletti e radiazioni ionizzanti), agenti chimici (amianto, fumo di sigaretta, eccetera) ed agenti biologici, come virus, batteri e parassiti (il papillomavirus può causare cancro alla cervice, epatiti B e C combinate sono legate al tumore al fegato; helicobacter pilori può causare cancro allo stomaco; la schistomatosi, causata da un parassita appartente al phylum dei platelminti, può causare carcinoma alla vescica).
Questi agenti possono causare una mutazione, nota come driver mutation (o mutazione guida), in seguito alla quale inizia il processo di trasformazione maligna. Spiegherò questo processo in un altro post, mentre ora ritornerò alla domanda originale:
Se sappiamo tutte queste cose, perché non siamo ancora riusciti a trovare una cura per il cancro?
Per diversi motivi. Prima di tutto perché esistono centinaia di tipi diversi di tumore, e non si possono curare tutti allo stesso modo. Quando in casa bisogna riparare qualcosa, scegliamo gli attrezzi da usare in base al danno. O qualcuno riparerebbe il rubinetto che perde con chiodi e martello? Nel corpo umano esistono centinaia di tipi diversi di cellule, ed ognuno di questi può dare origine ad un tipo di tumore differente. Diversa malattia, diversa cura.
Ricevuto, esistono centinaia di tipi di tumore. E non si possono curare uno alla volta?
Certamente. Infatti alcuni tumori sono curabili e la percentuale di remissione è altissima. Basti pensare alla leucemia mieloide cronica ed alla leucemia linfoblastica acuta. Ma qui inizia la parte complicata del discorso, che sta alla radice del problema, ovvero:
In cosa differiscono le cellule tumorali da quelle sane?
Eccoci al nocciolo della questione. In cosa si traducono le mutazioni al DNA che determinano la trasformazione tumorale? Per dare una risposta esaustiva e renderla comprensibile, sono costretto a spendere alcune righe per spiegare un paio di nozioni di biologia cellulare.
Il genoma si compone di una parte codificante e di una non codificante, che si alternano in tutti i cromosomi. La parte codificante è costituita dai geni, mentre quella non codificante comprende regioni regolatorie ed altre ancora da definire. I geni (circa 20 000 nel genoma umano), codificano per le proteine ed a ciascun gene corrisponde una proteina. Le proteine sono gli agenti effettori di tutte le funzionalità della cellula. Traducendo il discorso in termini extra scientifici, possiamo dire che ogni gene rappresenta un comando in un libretto di istruzioni, e le azioni fisiche della persona che esegue tali comandi sono le proteine. Alcune proteine sono costantemente presenti nella cellula (come le proteine che le danno la “forma”), mentre altre vengono prodotte solamente quando necessarie (come l’insulina che viene prodotta quando nel sangue aumenta il livello di glucosio), e poi vengono degradate. Inoltre, non tutti i 20 000 geni sono attivi, il che significa che non abbiamo tutti i 20 000 tipi di proteine espressi in ogni cellula. Alcuni geni sono universali e le relative proteine onnipresenti, mentre altri sono specifici per il tipo cellulare (l’insulina viene prodotta solamente dalle cellule beta del pancreas). È difficile fare una stima, ma approssimativamente circa 10 000 geni sono espressi in media in una cellula.
A questo si aggiungono altri due livelli di complessità: lo splicing e le modifiche post-trasduzionali. In breve, i geni non sono sequenze lineari di DNA, ma sono costituiti da segmenti di DNA codificanti (esoni) separati da segmenti non codificanti (introni) e la proteina viene tradotta solamente dagli esoni. In base agli input ricevuti al momento della traduzione, la proteina viene generata saltando o includendo un esone piuttosto che un altro (il gene con più esoni è la titina, che ne contiene 312; al secondo posto vi è la nebulina con 150 esoni, mentre sul gradino più basso del podio troviamo la Nesprina 1 con 146 esoni). Questo processo prende il nome di splicing, e ci fa capire che della stessa proteina esistono diverse varianti, anche se in generale una forma è predominante. Cosa sono invece le modifiche post-trasduzionali? Dopo che la proteina viene tradotta dal gene, può essere ulteriormente addobbata con alcuni “dettagli” (anche alcune decine) che ne modificano la funzione (meglio non entrare nel dettaglio di queste modifiche, perché dovrei scrivere un intero capitolo al riguardo).
Dopo questo livello di complessità, abbiamo comunque capito che una proteina può esistere in diverse forme di splicing e con diverse modifiche post-trasduzionali, che aumentano esponenzialmente la complessità all’interno della cellula. Il Professor Bernhard Küster dell’università di Mmonaco di Baviera sostiene che non sarebbe un’esagerazione ipotizzare 100 000 proteine diverse, o anche di più, in una cellula.
Eccoci dunque alla risposta che cercavamo. Non è possibile trovare una cura per il cancro, perché servirebbe una cura diversa per ogni diversa mutazione che causa uno specifico tumore. Una mutazione può colpire una regione codificante di un gene, oppure uno specifico sito di splicing, oppure alterare una modifica post-trasduzionale, oppure essere presente in una regione con funzione regolatoria su una proteina (che sarebbe espressa senza mutazioni, ma in quantità troppo elevate o ridotte, alterando qualche processo cellulare).
Una considerazione da tenere a mente è che di regola una mutazione non viene associata ad un tipo di tumore. La medesima mutazione può determinare l’insorgenza di un tipo di tumore piuttosto che di un altro, a seconda del tipo di cellula nella quale avviene.
Come si identificano le mutazioni che causano un tumore?
Sequenziando il DNA del paziente. Recentemente, le tecniche di sequenziamento del DNA sono migliorate sensibilmente, aumentando la quantità dei dati raccolti ed abbassando i costi, ma siamo ben lungi dall’offrire il sequenziamento del DNA come uno strumento di base per la diagnostica, anche se la strada prescelta sembra essere quella. Un problema non indifferente è rappresentato dal fatto che la sequenza del DNA varia sensibilmente da individuo a individuo. Si tratta della variabilità genetica, un fenomeno normalissimo che ci rende diversi gli uni dagli altri. In questo modo diventa difficile stabilire quale variazione, tra le migliaia individuate con il sequenziamento, è responsabile del tumore. Per fare ciò sono necessari studi di popolazione che analizzino dati di decine di pazienti cercando di individuare mutazioni condivise, ma si tratta di studi lunghi, costosi e senza un successo garantito.
Ma allora perché alcuni tumori sono curabili?
Qualche paragrafo sopra ho citato la leucemia linfoblastica acuta e la leucemia mieloide cronica come esempi di tumore curabili. Questo perché la mutazione che li caratterizza è stata individuata diversi anni fa. Si tratta di una traslocazione tra i cromosomi 9 e 22 (il che significa che questi due cromosomi si scambiano un pezzo di DNA), che porta alla produzione di una proteina chimerica (i due punti di rottura spezzano due geni che con la traslocazione si trovano fusi insieme). Questa proteina mutante è stata bersaglio di numerosi studi che hanno portato alla definizione di un farmaco estremamente specifico per inibirla, ed in questo modo si ha la remissione della malattia. Il vantaggio è rappresentato dal fatto che questa proteina chimerica, unico bersaglio del farmaco, è espressa solo dalle cellule tumorali, quindi il farmaco non ha effetto sulle cellule sane dell’organismo.
Purtroppo, nella stragrande maggioranza dei casi, la mutazione alla base del tumore non genera conseguenze così massicce, come proteine chimeriche. Per questo diventa estremamente difficile creare farmaci talmente specifici da inibire solamente la proteina mutata nel tumore e non la controparte sana in tutte le altre cellule.
Possiamo concludere che, oltre al problema di individuare la mutazione guida del tumore, vi è il secondo problema – una volta scoperta la mutazione – di creare un farmaco sufficientemente specifico da colpire soltanto le cellule tumorali. La mancanza di specificità delle terapie contro i tumori è il motivo per il quale le chemioterapie causano così tanti effetti collaterali.
Davvero il futuro è così nero?
No. Come già scritto, la mortalità da cancro diminuisce di anno in anno. Questo accade perché stiamo raccogliendo sempre più informazioni sui tumori, testando nuovi potenziali farmaci, offrendo servizi di diagnostica più efficienti (ricordiamo che la diagnosi precoce è il primo step per sconfiggere un tumore), facendo più prevenzione (basta fumare, non esagerate con l’alcol, fate attività fisica, mangiate più frutta e verdura e limitate la carne rossa).
Grazie alle nuove informazioni raccolte con il sequenziamento del DNA, oggigiorno si sta iniziando a considerare una classificazione dei tumori basata sul tipo di mutazione che li contraddistingue, piuttosto che in base all’organo che colpiscono: infatti, se devo chiudere un buco nel muro, utilizzo stucco e spatola, indipendentemente dal fatto che il buco si trovi in cucina piuttosto che in camera da letto. Sta diventando reale la possibilità di curare tipi diversi di tumore con lo stesso farmaco, qualora questi siano causati da mutazioni che riguardano lo stesso gene.
In conclusione possiamo dire che il futuro è più roseo del presente, almeno per quanto riguarda la ricerca scientifica.
Fonti:
E questa è solo una piccola parte della storia. Differenze epigenetiche possono far sì che si sviluppi un tumore senza che ci sia una mutazione nel DNA, quindi non basta neanche sequenziare i tumori.
Ogni volta che si scopre una cosa nuova troviamo anche un sacco di domande nuove a cui rispondere. Ma per fortuna, come hai scritto, la ricerca avanza ed abbiamo ogni giorno rimedi più efficaci contro i tumori.
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Hai assolutamente ragione, esistono sempre più evidenze del fatto che le modificazioni epigenetiche al DNA svolgono un ruolo importante nello sviluppo tumorale. Nel laboratorio dove lavoro, infatti, facciamo molto bisulfite sequencing per individuare modifiche alla metilazione delle CpG islands, e come hai giustamente scritto, ogni risultato ottenuto ci mette davanti a nuove domande da rispondere 🙂
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Ottimo post! Impegnativo ma assolutamente ben fatto, complimenti.
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Grazie mille! 🙂
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