L’acqua è l’elemento che più di ogni altro definisce l’identità del nostro pianeta. Ricopre oltre il settanta per cento della superficie terrestre, regola il clima, modella la geologia e costituisce la base chimica di ogni forma di vita conosciuta. Eppure, la sua origine non è affatto scontata. Comprendere come l’acqua primordiale sia arrivata sulla Terra, perché un pianeta simile come Marte l’abbia quasi completamente perduta e in che modo l’acqua abbia reso possibile l’emergere della vita significa ricostruire una parte fondamentale della storia del Sistema Solare e dell’abitabilità planetaria.
Quando la Terra si formò, circa 4,5 miliardi di anni fa, il Sistema Solare interno era un ambiente estremamente caldo e violento. Per molto tempo si è ritenuto che, in tali condizioni, l’acqua non potesse essere presente fin dall’inizio e che fosse stata portata successivamente da corpi provenienti dalle regioni più fredde. Le ricerche degli ultimi decenni hanno però profondamente modificato questo scenario. Oggi sappiamo che una parte significativa dell’acqua terrestre è di origine “interna”, cioè era già presente nei materiali che hanno dato origine al pianeta.
Durante l’accrescimento della Terra, i planetesimi* (vedi sotto) che la costituivano contenevano minerali idrati, nei quali l’acqua era legata chimicamente alla struttura cristallina. Nelle prime fasi, il pianeta attraversò un periodo caratterizzato da un oceano di magma globale. Il calore intenso provocò il degassamento del mantello, liberando grandi quantità di vapore acqueo, anidride carbonica e altri gas. Si formò così una densa atmosfera primordiale, nella quale il vapore acqueo era un componente dominante. Con il progressivo raffreddamento della superficie, questo vapore condensò e precipitò sotto forma di piogge persistenti, dando origine ai primi oceani. La scoperta di antichissimi cristalli di zircone, vecchi fino a 4,4 miliardi di anni, fornisce una prova indiretta ma robusta della presenza di acqua liquida sulla superficie terrestre in un’epoca sorprendentemente precoce.
A questa acqua di origine interna si aggiunse un contributo fondamentale dallo spazio. Durante il periodo noto come Grande Bombardamento Tardivo, la Terra fu colpita da numerosi asteroidi, in particolare da quelli di tipo carbonaceo, ricchi di acqua e di composti organici. L’elemento decisivo a sostegno di questa ipotesi è il confronto isotopico: il rapporto tra deuterio e idrogeno dell’acqua terrestre coincide in modo notevole con quello misurato in questi asteroidi. Ciò indica che una frazione rilevante dell’acqua degli oceani attuali deriva proprio da tali impatti. Le comete, sebbene spettacolari e abbondanti di ghiaccio, sembrano invece aver avuto un ruolo secondario. Nella maggior parte dei casi, il loro rapporto isotopico non corrisponde a quello dell’acqua terrestre, suggerendo che il loro contributo sia stato limitato e non dominante.

La storia dell’acqua sulla Terra diventa ancora più istruttiva se confrontata con quella di Marte. Le immagini e i dati raccolti dalle missioni spaziali mostrano chiaramente che il pianeta rosso, in un lontano passato, possedeva fiumi, laghi e forse persino oceani. Oggi, però, Marte è un mondo freddo e arido. La causa principale di questa divergenza risiede nella sua minore massa. Essendo molto più piccolo della Terra, Marte ha perso più rapidamente il calore interno, con conseguenze decisive per la sua evoluzione.
Uno degli eventi chiave nella storia marziana è stata la perdita del campo magnetico globale. Senza questo scudo, il vento solare ha potuto colpire direttamente l’atmosfera del pianeta, erodendola lentamente ma inesorabilmente. La radiazione ultravioletta ha dissociato le molecole d’acqua negli strati alti dell’atmosfera, e gli atomi più leggeri sono stati dispersi nello spazio. Con il progressivo assottigliarsi dell’atmosfera, la pressione superficiale è scesa al di sotto del punto in cui l’acqua può esistere in forma liquida stabile. Di conseguenza, gran parte dell’acqua marziana è oggi intrappolata come ghiaccio nei poli o nel sottosuolo, mentre una porzione significativa è andata definitivamente perduta. Marte dimostra così che la presenza iniziale di acqua non è sufficiente: servono anche massa, atmosfera e campo magnetico per conservarla nel tempo.

Sulla Terra, invece, la persistenza dell’acqua liquida ha creato le condizioni per uno degli eventi più straordinari della storia naturale: l’origine della vita. L’acqua non è un semplice sfondo passivo, ma un attore centrale nei processi chimici. È un solvente eccezionale, capace di facilitare reazioni complesse, di trasportare molecole e di stabilizzare strutture biologiche come proteine e acidi nucleici. Negli ambienti della Terra primordiale, oceani, pozze costiere e sorgenti idrotermali hanno funzionato come veri e propri laboratori chimici naturali.
Particolare attenzione è rivolta oggi alle sorgenti idrotermali sottomarine, dove acqua calda, ricca di minerali, emerge dal fondale oceanico creando forti gradienti chimici ed energetici. In questi ambienti potrebbero essersi sviluppate le prime reazioni metaboliche e le prime strutture pre-cellulari. L’ipotesi del “mondo a RNA” suggerisce che molecole capaci sia di immagazzinare informazione sia di catalizzare reazioni chimiche abbiano preceduto il DNA e le proteine. L’acqua ha fornito il mezzo indispensabile affinché tali molecole potessero formarsi, interagire e replicarsi. In un tempo relativamente breve, dal punto di vista geologico, la Terra ospitava già forme di vita microbica, tutte discendenti da un antenato comune, noto come LUCA.
La storia dell’acqua sulla Terra è quindi una storia cosmica, che intreccia processi planetari interni, eventi astronomici e dinamiche chimiche fondamentali. Essa ci insegna che l’abitabilità non è il risultato di un singolo fattore, ma di un equilibrio delicato e raro. Studiando la Terra, Marte e gli altri mondi del Sistema Solare, impariamo non solo come siamo arrivati fin qui, ma anche dove e come potremmo trovare, altrove nell’universo, altri pianeti capaci di ospitare la vita.
I planetesimi*
I planetesimi sono i mattoni fondamentali della formazione dei pianeti. Si tratta di corpi solidi primitivi che si sono formati nel disco di gas e polveri che circondava il Sole appena nato, circa 4,6 miliardi di anni fa, e rappresentano una fase intermedia cruciale tra la polvere cosmica e i pianeti veri e propri.
All’inizio del Sistema Solare, una vasta nube di gas e particelle microscopiche collassò sotto l’effetto della gravità, dando origine al Sole. Attorno ad esso rimase un disco protoplanetario, composto da polveri minerali, ghiacci e gas. All’interno di questo disco, le particelle più piccole iniziarono ad aggregarsi per collisioni e adesione elettrostatica, formando granuli sempre più grandi. Quando questi aggregati raggiunsero dimensioni dell’ordine di chilometri, nacquero i planetesimi.
Dal punto di vista fisico, un planetesimo è un corpo abbastanza grande da essere dominato dalla propria gravità, ma troppo piccolo per essere un pianeta. Le loro dimensioni variavano da pochi chilometri a centinaia di chilometri di diametro. Erano estremamente numerosi e popolavano tutto il Sistema Solare primordiale, muovendosi su orbite spesso instabili e soggette a frequenti collisioni.
I planetesimi non erano tutti uguali. La loro composizione dipendeva dalla distanza dal Sole. Nelle regioni interne, dove le temperature erano elevate, si formavano planetesimi prevalentemente rocciosi e metallici. Nelle regioni più esterne, oltre la cosiddetta “linea della neve”, potevano invece incorporare grandi quantità di ghiaccio d’acqua, ammoniaca e metano. Questa differenza compositiva è fondamentale per comprendere l’origine dell’acqua sulla Terra: molti dei planetesimi che contribuirono alla sua crescita contenevano acqua chimicamente legata ai minerali o sotto forma di ghiaccio.
Attraverso un processo chiamato accrezione, i planetesimi collisero e si fusero progressivamente, formando corpi sempre più grandi, noti come protopianeti. La Terra, Marte e gli altri pianeti rocciosi sono il risultato finale di milioni di anni di collisioni tra planetesimi. Alcuni di questi impatti furono talmente energetici da fondere completamente il pianeta in formazione, favorendo il degassamento del mantello e la liberazione dell’acqua primordiale.
Non tutti i planetesimi furono incorporati nei pianeti. Molti sopravvivono ancora oggi sotto forma di asteroidi, meteoriti e, nelle regioni più lontane, come nuclei cometari. Le meteoriti che cadono sulla Terra sono spesso frammenti di planetesimi antichissimi e costituiscono una delle principali fonti dirette di informazione sulla composizione del Sistema Solare primordiale.
In sintesi, i planetesimi sono i primi grandi oggetti solidi del Sistema Solare, i precursori dei pianeti e i principali veicoli attraverso cui materiali fondamentali, come l’acqua e i composti organici, sono stati distribuiti nei mondi in formazione. Senza i planetesimi, la Terra – così come la conosciamo – semplicemente non sarebbe mai esistita.
