Il 9 novembre, la multinazionale farmaceutica Pfizer insieme alla tedesca BioNTech hanno annunciato di aver prodotto un vaccino contro il COVID-19 in grado di proteggere dalla malattia. Il vaccino si chiama BNT162b2 ed è basato sull’mRNA. Perché questo tipo di vaccino? E come funziona? Quella dell’mRNA è stata una scelta quasi obbligata, vista l’urgenza di produrre un vaccino: l’utilizzo dell’mRNA rappresenta infatti l’approccio più flessibile e rapido.
Il vaccino
Il vaccino ad mRNA consiste in istruzioni molecolari – sotto forma di RNA messaggero (si legga l’ultimo paragrafo per dettagli al riguardo) – affinché le cellule umane producano la proteina Spike del coronavirus, il bersaglio principale del sistema immunitario per questo tipo di virus. Lo sviluppo di un vaccino a base di mRNA fornisce vantaggi significativi rispetto agli approcci vaccinali più tradizionali. A differenza dei vaccini vivi attenuati, i vaccini a RNA non comportano i rischi associati all’infezione e possono essere somministrati a persone alle quali non è possibile somministrare virus vivi (ad esempio donne in gravidanza e persone immunocompromesse). I vaccini a base di RNA sono prodotti tramite un processo in vitro senza l’uso di cellule. Questo consente una produzione facile e rapida, e la prospettiva di produrre un numero elevato di dosi di vaccino in un periodo di tempo più breve rispetto a quello ottenuto con gli approcci vaccinali tradizionali. Questa capacità è fondamentale per consentire la risposta più efficace per fronteggiare la pandemia.
La sperimentazione clinica di fase 3
La sperimentazione clinica di fase 3 del vaccino BNT162b2 è iniziata il 27 luglio e ha coinvolto più di 40000 partecipanti, 38.955 dei quali hanno ricevuto una seconda dose entro l’8 novembre 2020. Una metà dei partecipanti ha ricevuto il vaccino, l’altra metà un placebo, ma nessuno sapeva a quale dei due gruppi apparteneva. I partecipanti hanno ricevuto due dosi a distanza di tre settimane l’una dall’altra, dopodiché, una settimana dopo la seconda dose, si è iniziato a contare i casi di COVID-19 nei due gruppi. Ad oggi ne sono stati registrati 94, quasi tutti nel gruppo che ha ricevuto il placebo. Lo studio continuerà fino a quando non si saranno accumulati un totale di 164 casi confermati di COVID-19. Attualmente l’efficacia del vaccino è di più del 90%. Ripetiamo che lo studio non è ancora completato, e l’efficacia potrebbe diminuire, ma difficilmente scenderà sotto il 50%, che è la soglia stabilita dalla Food and Drug Administration per approvare un vaccino in caso di emergenza.
I dubbi che rimangono
Ciò che ancora non è noto sono i dettagli sulla natura delle infezioni da cui il vaccino può proteggere, sia che si tratti per lo più di casi lievi di COVID-19 o che includano anche un numero significativo di casi moderati e gravi. Ad esempio, sarebbe importante sapere se vi fosse almeno qualche caso di malattia grave nel gruppo placebo perché suggerirebbe che il vaccino ha il potenziale per prevenire tali casi.
Un’altra questione spinosa riguarda l’infettività degli asintomatici. Al momento non è chiaro se il vaccino prevenga che le persone asintomatiche o con sintomi lievi diffondano il virus. Chiaramente, un vaccino in grado di bloccare la trasmissione del virus potrebbe accelerare la fine della pandemia, ma sarà difficile determinare questa proprietà per il vaccino Pfizer o per qualsiasi altro candidato, dal momento che comporterebbe test di routine per tutti i partecipanti alla sperimentazione, e non è possibile farlo per 45000 persone (chiaramente tutti i casi registrati sono sintomatici).
Un altro dettaglio mancante riguarda l’efficacia del vaccino in diversi gruppi di partecipanti allo studio. Ad esempio non sappiamo se funziona nella categoria più a rischio, gli anziani. Nel comunicato stampa, Pfizer e BioNTech hanno riferito che il 42% dei partecipanti aveva “background razziali ed etnici diversi”, mentre nulla è stato riportato riguardo alla fascia d’età scelta.
Memoria immunitaria
Quanto durerà l’immunità garantita dal vaccino? Non è possibile saperlo. Sulla base di quando è iniziato lo studio e dei dati precedentemente pubblicati sulle risposte immunitarie nelle sperimentazioni in fase iniziale, è probabile che molti partecipanti allo studio abbiano ancora alti livelli di anticorpi nel sangue. Le risposte potrebbero arrivare per esempio dall’analisi delle risposte immunitarie delle persone che hanno preso parte alle sperimentazioni nella fase iniziale del vaccino, alcune delle quali potrebbero aver ricevuto il vaccino fino a sei mesi fa. Comunque, anche se la memoria immunitaria non dovesse durare, quello che serve adesso è un vaccino che possa dare anche solo una protezione temporanea, ma che possa permettere di ricominciare a vivere una vita normale.
La parte organizzativa: il ruolo dell’OMS
Tutti i Paesi del mondo hanno un programma di vaccinazione per i bambini, ma quelli per gli adulti sono scarsi: nel 2017, solo 114 dei 194 stati membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) avevano programmi di vaccinazione degli adulti contro l’influenza stagionale. Ad esempio, in India, l’unico vaccino attualmente raccomandato per gli adulti è contro il tetano, per le donne incinte. Altre nazioni consigliano invece l’immunizzazione per l’influenza stagionale solo a gruppi specifici, come gli anziani.
L’introduzione di un nuovo vaccino per gli adulti differisce in termini logistici di consegna, aspettative sociali, impegno della comunità, organizzazione dei fornitori e altro ancora. Quando i vaccini per COVID-19 saranno disponibili, circa il 40% dei Paesi affronterà queste differenze per la prima volta.
Diversi ostacoli ritardano il processo di registrazione nazionale per i vaccini e altre tecnologie sanitarie nei Paesi a basso e medio reddito, in quanto i produttori preferiscono concentrarsi sulla distribuzione dei loro prodotti prima nei Paesi ad alto reddito, dove possono realizzare un profitto maggiore. Ad esempio, uno studio del 2016 ha descritto un tipico intervallo di 4-7 anni tra la prima commercializzazione di un nuovo vaccino e la sua distribuzione nell’Africa subsahariana. Questa sequenza temporale non è sostenibile per un vaccino contro il COVID-19. Per risolvere la questione, sarebbe più efficiente utilizzare il programma di prequalificazione dell’OMS. Questo valuta la sicurezza, la qualità e l’efficacia dei vaccini pronti per la distribuzione. Il programma è stato implementato nel 2001 per migliorare l’accesso ai medicinali per curare l’AIDS, la malaria e la tubercolosi e nel 2019 è stato utilizzato per accelerare l’adozione del vaccino contro l’Ebola nei paesi a rischio.
L’OMS dovrebbe coinvolgere attivamente i Paesi appartenenti a tutti i livelli di reddito in un processo di prequalificazione progettato specificamente per i vaccini contro il COVID-19. L’OMS dovrebbe garantire che i fascicoli di presentazione e i risultati della sua valutazione siano resi completamente trasparenti e facilmente accessibili. Ciò sarà particolarmente importante per i prodotti controversi, come il vaccino COVID-19 della Russia, che ha aggirato alcuni dei soliti passaggi di sviluppo ed è ora in fase di preselezione. Idealmente, la registrazione di un vaccino COVID-19 approvato dall’OMS sarebbe automatica nelle nazioni aderenti, eliminando buona parte dei laboriosi processi burocratici.
Ogni paese deve progettare il proprio processo deliberativo per la vaccinazione contro il COVID-19. La maggior parte delle nazioni (170) dispone già di gruppi consultivi tecnici per l’immunizzazione nazionale o organismi equivalenti per selezionare i vaccini, determinare le popolazioni target, stabilire piattaforme di somministrazione e così via. Questi gruppi consultivi sono solitamente formati da esperti del settore sanitario. Tuttavia, poiché l’implementazione dei vaccini COVID-19 riguarderà tanto le economie nazionali quanto i valori sociali come la salute, le nazioni dovrebbero considerare la creazione di una task force specifica che coinvolga anche rappresentanti dei ministeri delle finanze, del lavoro, dell’economia, della sicurezza e dell’istruzione. Ciò garantirebbe che tutte le questioni siano prese in considerazione, dalla sicurezza e l’efficacia del vaccino ai fattori economici, sociali, logistici ed etici.
Ogni programma di vaccinazione dovrebbe essere valutato non solo in base al numero di persone immunizzate, ma anche se consente alle persone di vivere e lavorare in sicurezza. È probabile che ciò vari notevolmente tra Paesi, dal momento che i secondi parametri dipendono da fattori ambientali e sociali diversi. Per questo, i Paesi non dovrebbero fare affidamento alle misure adottate da altre nazioni, come fatto in passato, ma dovrebbero effettuare le proprie misurazioni dei tassi di infezione, malattia e mortalità tra la popolazione vaccinata e quella non vaccinata. I sistemi di monitoraggio e valutazione a livello nazionale saranno cruciali. Queste informazioni saranno necessarie per favorire l’allentamento delle politiche restrittive, come l’obbligo della mascherina o la quarantena dopo un viaggio.
Per impedire che solo i Paesi più ricchi abbiano accesso a un vaccino, l’OMS e i suoi organi collaboratori hanno lanciato un meccanismo globale per allocare le dosi una volta disponibili. Il servizio “COVAX” mira a garantire che ogni Paese possa vaccinare il 20% della sua popolazione, indipendentemente dal livello di reddito. Più di 170 nazioni sono impegnate a partecipare. Tuttavia questa collaborazione è circondata da incertezza: ad esempio, molte nazioni potrebbero non essere entusiaste della copertura al 20%, dal momento che le stime suggeriscono la necessità di una copertura superiore al 60-70% per ottenere l’immunità di gregge per il virus SARS-CoV-2 (la soglia alla quale un virus non può diffondersi in una popolazione perché la maggior parte delle persone è vaccinata). Ciò ha portato alcuni Paesi a stipulare già accordi indipendenti direttamente con le aziende. Gli Stati Uniti, ad esempio, hanno detto che non si uniranno a COVAX, e invece hanno investito miliardi di dollari nelle aziende produttrici in un programma chiamato “Operation Warp Speed”. Il Regno Unito si è impegnato con COVAX, ma ha anche acquistato 100 milioni di dosi del vaccino COVID-19 sviluppato dall’Università di Oxford e dall’azienda farmaceutica AstraZeneca. Questa tendenza suggerisce che i Paesi ricchi e i produttori opteranno per tali accordi bilaterali. Tuttavia, questo nazionalismo vaccinale provocherà guerre sui prezzi (che aumenteranno, come successo dopo che Regno Unito e USA fecero scorte di oseltamivir durante l’influenza aviaria del 2004) e porteranno a una ridotta copertura vaccinale in molte nazioni, a scapito di tutti. Anche se può essere difficile da credere, il nazionalismo dei vaccini potrebbe costare ai paesi ricchi circa 119 miliardi di dollari all’anno se i Paesi più poveri non dovessero averne accesso (leggasi questo articolo al riguardo).
Cos’è l’mRNA?
Davvero con il vaccino della Pfizer ci inietteranno del materiale genetico? Quindi diventeremo degli OGM? È sicuro questo vaccino? Le risposte sono: sì, no, sì. Vediamo perché.
Il DNA sta nel nucleo della cellula e contiene la memoria genetica dell’organismo, nonché le istruzioni che la cellula deve eseguire in ogni possibile circostanza. Ogni istruzione è rappresentata da un gene, e nel DNA ve ne sono circa 20000. Ciascun gene codifica per una proteina diversa, con una funzione ben definita. Se il DNA si dovesse “rovinare” (mutazioni o rotture nella doppia elica), potrebbero insorgere malattie genetiche, come i tumori. Per questo è cruciale preservare il DNA nella maniera più accurata possibile. Quale strategia seguire? Vediamolo con un parallelismo. Quando compriamo un mobile dall’IKEA, troviamo sempre il libretto delle istruzioni per montarlo. Immaginate ora uno scenario (drammatico) nel quale i mobili sono sprovvisti di manuale, perché tutte le istruzioni di tutti i prodotti si trovano in singola copia in un unico grande libro presso la sede dell’IKEA. Come potete montare il mobile? L’unica opzione sarebbe di assemblare i pezzi accanto al manuale e portare a casa il mobile già montato. Il problema è che non sareste gli unici, in quanto tutti i clienti dovrebbero fare come voi. Immaginale in che condizioni si troverebbe il libro dopo che centinaia di persone lo hanno consultato. Considerato il valore di quel libro, la scomodità di portare a casa un mobile ingombrante già montato e il tempo d’attesa per accedere alle istruzioni, allegare una copia del manuale di un mobile insieme ai pezzi per montarlo è una scelta ottimale. Nel nostro esempio, la copia personale del manuale del mobile è l’mRNA.
Così come il DNA, anche l’mRNA fa parte del materiale genetico di una cellula. Mentre il DNA ha la nota struttura a doppia elica, l’mRNA è costituito da un singolo filamento. Ogni filamento di mRNA non è altro che la copia di un gene, che può essere trasportata fuori dal nucleo (la “m” infatti sta per “messaggero”), dove la proteina codificata viene assemblata. Un altro vantaggio di trascrivere i geni in mRNA è quello di poter rispondere più rapidamente ad uno stimolo: se all’improvviso venisse richiesta una grande quantità di una proteina, facendo più copie dello stesso gene (quindi diversi filamenti identici di mRNA), si potranno produrre più proteine contemporaneamente. Infine, quando è stata prodotta una quantità sufficiente di proteina, il filamento di mRNA che la codifica viene eliminato dalla cellula.
Il vaccino della Pfizer contiene l’mRNA che codifica per la proteina Spike del coronavirus SARS-CoV-2. Questo non significa che nel vaccino si trovi il virus, ma solo le istruzioni per codificare una sua proteina specifica (che da sola non ha alcuna pericolosità). Quindi è vero che con il vaccino viene iniettato del materiale genetico, ma la fobia di diventare OGM è ingiustificata: l’mRNA sopravvive solamente il tempo di produrre poche unità di proteina Spike, dopodiché viene eliminato dalla cellula. La quantità di proteina prodotta, però è sufficiente a stimolare la produzione di anticorpi contro il virus. Per creare un OGM, ovvero un organismo geneticamente modificato, è invece necessario che il genoma di un individuo venga modificato, proprietà che non appartiene all’RNA, che non è in grado di integrarsi nel DNA.
Perché 164?
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Lo ha stabilito la Food and Drug Administration. Penso che abbiano calcolato, in base al numero di partecipanti, che quello è il numero richiesto di casi di COVID per completare l’analisi statistica ed escludere che la distribuzione dei malati tra i due gruppi sia casuale.
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164 è lo 0,4% di 40.000: è una percentuale che ha un significato?
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È molto bassa, ma suppongo di sì. Potrebbe essere calcolata in base al rischio di contagio e altri parametri nel periodo attuale di distanziamento e restrizioni. Onestamente non ho trovato nessuna descrizione dettagliata su come questo valore è stato calcolato.
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Mi ero un momento distratta: in realtà è lo 0,41%. E quello 0,01 in più mi fa pensare; un po’ come il 50%+1 che determina la maggioranza dove, se il numero assoluto di partenza fosse per ipotesi 2 miliardi, quel +1 sarebbe lo 0,000001%, ma quell’entità assolutamente irrisoria è quella che fa la differenza. Ma non riesco a vedere come calarlo in quest’altra realtà.
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In realtà il numero non è 40000 tondo tondo, ed è in continuo aumento perché il trial clinico di fase III è ancora in svolgimento. Mah, ti dirò, questi calcoli statistici sono molto complessi, quindi sono costretto a fidarmi di chi li esegue (che ha molta più esperienza di me in statistica) 🙂
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