Mai come negli ultimi mesi l’attenzione e le speranze umane sono riposte nella creazione di un vaccino. Infatti, solamente quando saremo in grado di prevenire l’infezione causata dal coronavirus SARS-CoV-2, potremo tornare ad una vita normale, libera da mascherine e restrizioni di movimento.

Ad intervalli regolari leggiamo di nuovi vaccini che sono introdotti nei vari trials clinici. Ma quanti vaccini contro il coronavirus sono in fase di sviluppo? Attualmente (Ottobre 2020) circa 180. I vari laboratori hanno adottato tutte le metodologie di sviluppo conosciute per ottenere almeno un candidato che avrà successo in clinica. Vediamo ora quali tipi di vaccino esistono:

Vaccini basati su virus inattivato:

Questa è la tipologia di vaccino più tradizionale. Il virus viene coltivato in colture cellulari, quindi inattivato chimicamente (leggasi: ucciso) con la formaldeide o Il BPL (β-Propiolactone). Attualmente sono in commercio sei vaccini a virus inattivato: contro il poliovirus, il virus dell’epatite A, dell’encefalite giapponese, dell’encefalite da zecca, della rabbia e dell’influenza. Vengono generalmente somministrati per via intramuscolare e possono essere adiuvati con allume o altri adiuvanti. Poiché con questo tipo di vaccino l’intero virus viene presentato al sistema immunitario, è probabile che, nel caso del SARS-CoV-2, la risposta immunitaria colpisca non solo la proteina spike, bersaglio prediletto, ma anche la matrice, l’involucro e la nucleoproteina. I vaccini inattivati possono essere prodotti in maniera relativamente semplice, ma la resa è limitata dalla ridotta quantità di virus raccolto dalle colture cellulari e dalla necessità di impianti di produzione con una biosicurezza di livello 3 (BSL3). Diversi vaccini inattivati contro il coronavirus sono attualmente nei trials clinici, con tre candidati cinesi in fase III e un candidato indiano, uno kazako e uno cinese in fase I/II.

Vaccini basati su virus attenuato:

Un vaccino attenuato viene sviluppato riducendo la virulenza dell’agente patogeno; il virus rimane quindi in grado di replicarsi dopo la somministrazione, ma non sufficientemente da causare la malattia nel ricevente. Indurrà comunque una risposta immunitaria che può proteggere da una futura vera infezione prima che il virus venga eliminato dall’organismo. Esempi di vaccini attenuati sono quello contro il morbillo, la parotite, la rosolia, l’influenza, la varicella, il rotavirus, la febbre gialla, eccetera. Poiché il virus è ancora vivo ed in grado di replicarsi, c’è un remoto rischio di ritorno alla virulenza dopo la somministrazione. Nonostante questo potenziale rischio, i vaccini con virus vivi attenuati offrono notevoli vantaggi rispetto ai vaccini inattivati, infatti: (i) attivano un’ampia gamma di risposte immunitarie, (ii) inducono un’immunità rapida e duratura, (iii) spesso riducono la necessità di vaccinazioni di richiamo, (iv) non necessitano di adiuvanti, (v) possono essere prodotti a un costo relativamente basso e (vi) possono essere somministrati per via orale/nasale. Per quanto riguarda un potenziale vaccino attenuato contro il SARS-CoV-2, il vantaggio di poterlo somministrare per via nasale garantirebbe una risposta immunitaria della mucosa che proteggerebbe il tratto respiratorio superiore, la principale porta di ingresso del virus. Solo tre vaccini vivi attenuati contro il coronavirus sono attualmente in fase preclinica.

Vaccini basati su proteine ricombinanti:

La struttura del coronavirus SARS-CoV-2.

Questa tipologia di vaccino è più recente. Mentre le precedenti categorie espongono l’intero virus (morto o attenuato) al sistema immunitario, i vaccini a proteine ricombinanti espongono solamente gli antigeni del virus, per stimolare meglio il sistema immunitario. Un antigene è infatti un elemento di un agente patogeno (virus o batterio), in grado di indurre una risposta immunitaria. Sebbene questa strategia renda i vaccini più sicuri (riducendo gli effetti collaterali) e più facili da produrre, spesso richiede l’incorporazione di adiuvanti per suscitare una forte risposta immunitaria, perché gli antigeni da soli non riescono a garantire un’immunità a lungo termine. Esempi di vaccini basati su proteine ricombinanti sono quello contro la pertosse, l’epatite B e il papillomavirus. Per quanto riguarda il SARS-CoV-2, esistono tre tipi di vaccini basati su altrettante proteine ricombinanti: i) la proteina spike (S) intera, ii) la regione RBD della proteina spike, che è quella responsabile del legame al recettore ACE2 delle cellule umane e iii) particelle simili a virus (virus-like particles, VLPs) che possono essere definite come “scatole vuote” del virus, senza materiale genetico ma che espongono le proteine del virus sulla loro superficie. Accanto al vantaggio di ridurre gli effetti collaterali e di non dover interagire con il virus vivo durante la preparazione del vaccino, vi sono alcuni svantaggi: i) la proteina spike è difficile da produrre in grandi quantità, diventando un fattore limitante; ii) la regione RBD è invece più facile da produrre, ma molto piccola e quindi offre meno varietà antigenica della proteina spike intera; iii) le VLPs sono difficili da produrre. Molti vaccini di questo tipo sono attualmente in fase di sviluppo preclinico e diversi vaccini S e RBD sono entrati negli studi clinici (insieme a un solo candidato VLP). Come i vaccini inattivati, anche i vaccini basati su proteine ricombinanti vengono somministrati per iniezione intramuscolare, pertanto non dovrebbero garantire una forte immunità alla mucosa del tratto respiratorio superiore.

Vaccini a vettori ricombinanti, replicanti/non replicanti:

Questa tipologia di vaccini sfrutta vettori virali ben noti e non pericolosi (in grado di replicarsi nell’organismo, oppure modificati in modo da non potersi replicare), nei quali viene inserito il gene che codifica per un antigene contro il quale si vuole sviluppare una risposta immunitaria. Nel caso del SARS-CoV-2 il gene inserito codifica per la proteina spike. Se il vettore è in grado di replicarsi, la risposta immunitaria sarà più forte (come nel caso dei vaccini attenuati), mentre se la replicazione viene inibita, il vettore sarà più sicuro, ma meno efficace. Attualmente si trovano in fase clinica solamente due candidati di vettori ricombinanti in grado di replicarsi, mentre svariati candidati (sia in grado di replicarsi, che non replicanti) sono in fase di sviluppo preclinico.

Vaccini a DNA/RNA:

DNA e RNA sono le due forme di espressione del materiale genetico. Pertanto, se si desidera produrre un antigene di interesse, è prima necessario codificarlo sottoforma di informazione genetica. Questa è la strategia seguita dai vaccini a DNA o RNA: invece dell’antigene (nel nostro caso la proteina spike del virus SARS-CoV-2), viene somministrato come vaccino il materiale genetico che codifica per esso, così da far produrre la proteina spike direttamente alle cellule dell’organismo ospite, provocando un’efficace risposta immunitaria. È importante sottolineare che questo materiale genetico non viene integrato dal DNA umano, che quindi non viene alterato in seguito alla vaccinazione. Questa tecnologia permette di produrre vaccini in grande quantità, ma essendo di recente sviluppo, non è ancora noto se sussiste un rischio sulla stabilità a lungo termine (per quanto riguarda l’immagazzinamento e la grande distribuzione), mentre non vi sono dubbi circa la sua sicurezza per la salute. Attualmente, 4 vaccini a DNA (e nessuno a RNA) sono in fase clinica I/II.

La strategia di produzione dei vaccini contro il SARS-CoV-2

Vorrei spendere le ultime parole per descrivere come generalmente viene prodotto un vaccino, e come invece sta avvenendo la produzione di quello contro il SARS-CoV-2.

Strategia standard

La metodologia tradizionale può richiedere fino a 15 anni (o anche di più) e comincia con una lunga fase di ricerca durante la quale vengono progettati i vaccini e condotti esperimenti preclinici esplorativi (svariati anni). Questa fase è solitamente seguita da una in cui vengono eseguiti esperimenti preclinici e studi tossicologici più accurati (sugli animali) e in cui vengono definiti i processi di produzione su grande scala (2-4 anni). Durante questo processo viene presentata una domanda per un nuovo farmaco sperimentale, che è seguita da studi clinici di fase I (1-2 anni), II (2 anni) e III (2-3 anni). Una volta che i risultati degli studi di fase III sono disponibili e se soddisfano gli obiettivi prestabiliti, viene presentata una domanda di licenza biologica (BLA), che viene poi esaminata dalle agenzie di regolamentazione (1-2 anni) prima di autorizzare la vendita del vaccino. Solo a quel punto inizia la produzione su larga scala.

Strategia accelerata per il vaccino contro il SARS-CoV-2

Grazie alle conoscenze acquisite durante lo sviluppo dei vaccini contro SARS-CoV-1 e MERS-CoV, è stato possibile saltare la fase di ricerca. Con le conoscenze acquisite, sono state avviate le sperimentazioni di fase I/II in contemporanea. Gli studi di fase III sono stati avviati dopo l’analisi ad interim dei risultati di fase I/II, mantenendo diverse fasi di sperimentazione clinica in corso in parallelo. Nel frattempo, i produttori di vaccini hanno iniziato – a loro rischio – una produzione su larga scala di potenziali vaccini, senza aspettare i risultati della fase clinica III. Non è ancora chiaro il percorso esatto per ottenere la licenza di vendita.

Fonti

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7189890/#:~:text=Today%2C%20there%20are%20six%20licensed,(TBEV)%20to%20generate%20vaccines.

https://www.nature.com/articles/s41586-020-2798-3.epdf?sharing_token=uEUn7jqOpl9pPZd5hQH-ydRgN0jAjWel9jnR3ZoTv0PNa0tpUm38tEAOEu3ocLlP6tjVQGYR4DvBAUmCP3KKUBOfiH60azV6GvChsQTBRqzQ6nm4sz3nKdXUsZRVCOB34QAtDoLaJnFGDViTWMvQG0A4EEbyyCuc_-4P3_t7ayQ%3D

https://www.niaid.nih.gov/research/vaccine-types

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3854212/